Letta si dimette e accusa
Telefonata-chiave del Colle

Letta si dimette e accusa Telefonata-chiave del Colle
di Alberto Gentili
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Venerdì 14 Febbraio 2014, 08:18 - Ultimo aggiornamento: 10:24
ROMA - Nel giorno della rottamazione per mano di Matteo Renzi e del suo partito, Enrico Letta a sera sveste l’armatura.

E il premier torna quello di sempre. «Ciò che avevo da dire l’ho detto ieri», ha spiegato allo staff e ai suoi parlamentari, «ora vi chiedo di evitare polemiche e di essere sobri e sereni. Non intendo alimentare lo scontro. Oggi è il giorno del silenzio».



Il passaggio decisivo Eppure, vedendo nel suo studio la diretta streaming della Direzione del Pd, quella che con 136 sì e 16 no ha aperto la crisi e ha mandato a casa il suo governo, a Letta qualche frase è sfuggita. Quando ha sentito Renzi e gli altri colonnelli del Nazareno ringraziarlo per il lavoro svolto, è sbottato: «Farisei!». E quando ha ascoltato l’annuncio del risultato, ha aggiunto: «L’esito della Direzione è chiaro, non mi resta che prenderne atto. Ognuno a questo punto si assumerà la responsabilità delle scelte compiute». E immediatamente dopo Letta si è messo a scrivere il comunicato d’addio: «A seguito delle decisioni assunte dalla Direzione del Pd, ho informato il presidente Napolitano, della mia volontà di recarmi al Quirinale per rassegnare le dimissioni». L’appuntamento è per oggi le 16.



Non era un epilogo scontato. Fino alla fine il premier - che proprio in queste ore incassa il risultato «di un Paese uscito dalla recessione» - è stato tentato di andare in Parlamento, per costringere il suo partito a sfiduciarlo apertamente in aula. La svolta è avvenuta in mattinata grazie a una telefonata con Giorgio Napolitano. Il capo dello Stato ha consigliato a Letta di fermarsi, di evitare di parlamentarizzare la crisi. Perché in una fase così critica, terremotare il maggiore partito, avrebbe voluto dire terremotare le istituzioni. «Sono un uomo delle istituzioni, mi adeguo», è stata la risposta del premier.



Ambasciatori respinti Poco dopo, è scattato l’incontro (poco meno di dieci minuti) nell’appartamento al terzo piano di palazzo Chigi con gli ambasciatori di Renzi. Il portavoce Lorenzo Guerini e i capigruppo Roberto Speranza e Luigi Zanda hanno chiesto a Letta di evitare «soluzioni cruente» e gli hanno promesso che Renzi avrebbe «fatto suo il programma “Impegno Italia”». Chiosa: «Il tuo lavoro non andrà perduto».



Il premier, in maniche di camicia, non si è lasciato sedurre. Ha preteso che la Direzione si chiudesse con un voto: «Tutto deve avvenire alla luce del sole, la responsabilità di ciò che sta accadendo deve essere chiara agli italiani».



C’è chi dice che per calmarlo, per evitare la conta, i tre abbiano proposto a Letta di assumere l’incarico di ministro dell’Economia. Ma è più probabile che l’offerta sia stata quella degli Esteri, visto che per Renzi non sarebbe il massimo avere al Tesoro un europeista convinto ligio alle regole di Bruxelles e al rigore di bilancio. In ogni caso sia il Nazareno che palazzo Chigi sono corsi a smentire quest’ultima mediazione. «Non siamo al mercato, la mia dignità non è in vendita», ha fatto sapere Letta.



La distanza dal Pd Per marcare la distanza, un’ora prima dell’inizio della Direzione, Letta ha scritto una lettera: «Carissimi (...) preferisco aspettare a palazzo Chigi le determinazioni che saranno prese, in modo che tutti in Direzione si sentano liberi di esprimere valutazioni ed esplicitare le decisioni che ritengo opportune. Vi ringrazio, Enrico Letta». Insomma, riecco lo stile felpato e garbato da post democristiano. Quello gradito e apprezzato da Napolitano.



Tant’è che poco dopo Francesco Sanna, lettiano doc, entrando in Direzione annuncia la resa del premier: «Enrico non si presenterà in Parlamento in caso di sfiducia del Pd. Ma è importante che la riunione si chiuda con un voto». Esattamente ciò che aveva chiesto Letta agli ambasciatori renziani e ciò che aveva promesso al capo dello Stato.



Nel frattempo il presidente del Consiglio ha acceso la tv e ha assistito all’amaro spettacolo della Direzione del Pd che gli dava il ben servito. Decretava la rottamazione. Ha visto Renzi e altri che lo ringraziavano («farisei!») per il lavoro svolto. Poi, poco prima delle cinque, ha ricevuto Angelino Alfano, Maurizio Lupi, Beatrice Lorenzin e gli altri ministri del Ncd accorsi a «portare solidarietà». Letta sarà descritto «sereno e flemmatico». Pronto alla battuta. «Sarcastico, solo quando ha parlato di Renzi». E’ seguito sospiro del premier: «Almeno adesso avrò tempo per godermi la famiglia».