Kabobo, confermati 20 anni
Uccise tre passanti a picconate

Kabobo in tribunale
Kabobo in tribunale
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Martedì 20 Gennaio 2015, 20:14 - Ultimo aggiornamento: 20:38
MILANO - La Corte d'Assise d'Appello di Milano ha confermato la condanna a 20 anni e la misura di sicurezza a 3 anni a pena espiata per Adam Kabobo, il ghanese che l'11 maggio del 2013 uccise a colpi di piccone tre passanti a Milano. La tesi dell'incapacità totale di intendere e di volere non è stata accolta nemmeno in secondo grado e per Adam Kabobo, il ghanese di 33 anni che nel maggio 2013 seminò il terrore nel quartiere Niguarda di Milano ammazzando tre passanti a colpi di piccone, è arrivata la conferma dei 20 anni di carcere.



Nessun colpo di scena, dunque, in appello con la seconda sezione della Corte d'Assise che nel tardo pomeriggio ha riconosciuto all'immigrato soltanto un vizio parziale di mente, condannandolo anche, come già stabilito lo scorso aprile, a 3 anni di casa di cura e custodia. Una misura di sicurezza a pena espiata e applicata per la sua «pericolosità sociale».



«Speravo in qualcosa di più, però questo è il massimo che si poteva ottenere e quindi accetto la decisione». Così ha commentato la sentenza, emessa con rito abbreviato, Andrea Masini, figlio di Ermanno, pensionato di 64 anni che quella mattina dell'11 maggio 2013 venne ucciso come Daniele Carella, 21 anni, e Alessandro Carolè, 40 anni. I genitori di Carella hanno spiegato di essersi semplicemente «affidati ai nostri avvocati».



E proprio uno dei loro legali, l'avvocato Jean Paule Castagno, ha parlato di una «sentenza giusta, al di là dei pellerossa», facendo un riferimento sarcastico alle parole della difesa. I difensori di Kabobo, gli avvocati Benedetto Ciccarone e Francesca Colasuonno, infatti, per illustrare le istanze di riapertura del processo (tra cui una richiesta di integrazione di perizia psichiatrica, poi bocciata), avevano spiegato in aula che il ghanese, quando prese i cellulari delle vittime, lo fece non per rapinarli, ma come una sorta di gesto di vittoria tipico dei pellerossa e delle culture tribali e che si inquadra nella sua malattia mentale.



Dopo la sentenza, tra l'altro, i difensori hanno voluto precisare che con quel paragone «non abbiamo voluto mancare di rispetto, era soltanto un esempio per illustrare le nostre tesi». Nelle motivazioni del verdetto di primo grado, infatti, il gup Manuela Scudieri aveva scritto che, malgrado la schizofrenia paranoide di cui soffre e le «voci» nella sua testa, Kabobo si era dimostrato lucido in alcune fasi dell'omicidio, tanto che si era «impadronito di beni appartenenti alle vittime» con un «movente anche predatorio».



Non si può dire, ha scritto anche il gup nelle motivazioni, che la malattia mentale «abbia agito al suo posto», e che quindi era totalmente incapace, come chiedeva la difesa che puntava all'assoluzione. In un caso simile, tuttavia, quello di Davide Frigatti che nel giugno scorso uccise il titolare di un autolavaggio e ferì altre due persone a coltellate, una perizia in fase di indagini ha accertato il vizio totale di mente. «Kabobo è sempre smarrito, assente, non diverso da come era tempo fa, sempre sottoposto a cure psichiatriche perchè ha una malattia che lo debilita», hanno spiegato i suoi legali. E dopo la sentenza hanno aggiunto che ora si tratterà di leggere le motivazioni, che saranno depositate tra 15 giorni, per vedere se ci sono «gli spazi per il ricorso in Cassazione».



La difesa ha chiarito anche che, in ogni caso, i giudici d'appello (presidente Anna Conforti, a latere Fabio Tucci) hanno accolto uno dei motivi del loro ricorso, perchè hanno rideterminato la pena complessiva che era di 35 anni portandola a 32 anni: con l'effetto del rito abbreviato e per il fatto che la pena base non poteva superare i 30 anni, sono stati però confermati i 20 anni, come chiesto dal sostituto pg Carmen Manfredda.



Confermati, inoltre, i risarcimenti e le provvisionali alle parti civili, rappresentate anche dai legali Anna Cifuni e Salvatore Scuto. Per Kabobo, infine, il prossimo 10 febbraio riprenderà l'udienza preliminare con l'accusa di duplice tentato omicidio in relazione ad altre due aggressioni avvenute sempre quella mattina del maggio 2013.



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