«Il prete tocca i neri, non dia l'eucarestia
a mio figlio: potrebbe prendere malattie»

(archivio)
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di Alessandro De Bon
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Giovedì 29 Settembre 2011, 10:42 - Ultimo aggiornamento: 30 Settembre, 22:39
BELLUNO - sabato 14 maggio ed alcuni dei 90 profughi libici appena arrivati a Santo Stefano, cristiani, si raccolgono in preghiera nella palestra in cui sono stati accolti. Alcuni volontari se ne accorgono e offrono loro di partecipare alla messa della domenica.



Così, il giorno dopo, i quindici profughi trovano accoglienza tra i banchi della chiesa di don Diego accompagnati dal sindaco Alessandra Buzzo e dagli stessi volontari. Don Diego li accoglie, li presenta alla comunità e al momento della pace scende tra loro per stringergli la mano. Un gesto semplice, umile e fraterno. Ma a quanto pare "a rischio".



«Il giorno dopo una mamma del paese è venuta a lamentarsi direttamente da me - racconta Alessandra Buzzo, primo cittadino di Santo Stefano - dicendo che il parroco non avrebbe mai più dovuto permettersi di dare la comunione a suo figlio dopo aver stretto la mano a loro, neri». «Faceva parte del gruppo di mamme che da giorni, dopo l'arrivo dei profughi, ogni mattina si presentava davanti al municipio per chiedere quando se ne sarebbero andati - racconta Buzzo -. La palestra in cui li abbiamo ospitati è vicina a una scuola, così hanno consigliato ai loro bambini di starci lontano, di passare altrove, per evitare di prendere malattie».



«Casco dalle nuvole - assicura Don Diego Saviane - a quella messa ovviamente ero presente, l'ho celebrata io, e questo episodio me lo racconta lei per la prima volta; io ho accolto quei ragazzi con il cuore in mano, insieme alla comunità sottolineando la bellezza e la ricchezza di poterli avere tra noi».



Severo a riguardo è stato il commento di don Antonio Sciortino, direttore di Famiglia Cristiana e ospite dell'assemblea annuale di «Insieme si può...» a Santa Giustina, durante la quale è stato raccontato l'episodio. «Questo è il cristianesimo d'appartenenza. Come si fa a essere cristiani nella quotidianità e non conoscere le parole uguaglianza e accoglienza? Ignorarle è tradire il vangelo. Quel che è grave è la comunità ecclesiale che balbetta, non dice. Il silenzio della Chiesa è assordante, i cristiani sono diventati afoni. Viviamo un paese in cui si stanno sbriciolando le coscienze, di degrado etico e morale, di relativismo allarmante. E in tutto questo la Chiesa non ha la forza e il coraggio di dire qualcosa di crisitiano; se si parla di accoglienza si è codini di sinistra. Eppure nulla contraddistingue il cristiano come il rispetto per lo straniero. Ora invece il massimo dell'accoglienza è la tolleranza, che è un passo verso l'esclusione, la xenofobia. E sì che basterebbe ricordarci di quando gli albanesi eravamo noi».
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