L’era dei droni domestici
Pure come baby sitter

L’era dei droni domestici Pure come baby sitter
di Valentina Arcovio
4 Minuti di Lettura
Giovedì 3 Luglio 2014, 17:15 - Ultimo aggiornamento: 17:17
ROMA - Chi pensa ai droni solo come macchine da guerra rischia di fare lo stesso errore di chi in passato riteneva gli smartphone come dei semplici cellulari con cui telefonare e fare foto. I droni, infatti, sono molto più che velivoli senza pilota controllati a distanza per attaccare obiettivi militari.



Un po’ come i film di fantascienza hanno profetizzato, i droni sono destinati a entrare nella vita quotidiana di tutti noi. E a rivoluzionarla. «In realtà, anche se siamo ancora all’inizio, questa rivoluzione è già cominciata», sottolinea Carmine Cifaldi, direttore della regolazione della navigabilità per conto dell’Ente nazionale aviazione civile (Enac).



I droni, infatti, sono già intorno a noi e molti altri sono in procinto di aggiungersi. Secondo Assorpas, l’associazione che riunisce le imprese operanti con questi piccoli velivoli senza pilota, in Italia volano attualmente circa 400 droni utilizzati in ambito civile. Sono impiegati soprattutto nelle riprese tv e cinematografiche, nel controllo di grandi installazioni (reti elettriche, dighe, impianti industriali, ecc.), ma anche nel monitoraggio dei terreni agricoli, delle aree urbane o dell’ambiente e in numerose altre attività.



Le aziende italiane che utilizzano questi droni sono circa 350, ma il loro numero continua a salire. Per esempio in Toscana vengono utilizzati nelle terre del Chianti per sorvolare i filari e controllare la maturazione dell’uva. Il più famoso, Predator, inizialmente utilizzato solo in ambito militare, ha di recente contribuito a individuare i barconi in difficoltà a largo delle coste italiane. Poi c’è Nimbus, utile per monitoraggio di eventi come ad esempio i grandi concerti. E ancora Guardian 2000, il primo drone «poliziotto» scelto da Metronotte per sorvegliare i campi di grande estensione sensibili a furti.



Baby sitter. Ce ne sono davvero per tutti i gusti: ci sono i droni-baby sitter, creati per controllare i bambini nei parchi; i droni-dog sitter che portano a spasso i cani; ci sono perfino i droni che consegnano la pizza a domicilio. Amazon, ad esempio, starebbe studiando un programma di consegne a domicilio. Facebook e Google valutano l’utilizzo di droni per creare reti wifi. I velivoli senza pilota hanno anche debuttato nel mondo dello sport: alle Olimpiadi invernali di Sochi, un drone ha filmato le gare di snowboard.



«Gli imprenditori italiani - afferma Cifaldi - hanno dimostrato un forte interesse verso questo tipo di tecnologia. È un settore ancora in evoluzione, ma per essere competitivi bisogna muoversi subito. Al momento le aziende italiane attive sono piccole e rischiano di essere fagocitate dai soliti colossi pronti a investire ingenti quantità di denaro. Ecco perché sono convinto che bisognerebbe unire le forze per entrare in modo più deciso in questo settore».



Il mercato. Il mercato, in effetti, è davvero molto vivace. Chi ha preso parte lo scorso maggio alla fiera Roma Drone Expo&Show, ha potuto assistere a una lunga passerella di «robot volanti». Tuttavia, come spesso succede all’alba di ogni progresso, la tecnologia cammina più velocemente della cultura e delle regole. Ed è così che l’Enac si è ritrovato a regolamentare un vero e proprio far west di «macchine volanti». Le nuove norme sono entrate in vigore a fine aprile, quando già il settore lavorava a pieno regime. Il nuovo regolamento, oltre a prevedere una sorta di patentino, obbliga a svolgere tutta una serie di adempimenti che hanno lo scopo di rendere più sicuro l’utilizzo dei droni.



L’Enac, dopo essersi consultata con il Garante della privacy, ha inoltre deciso di introdurre una sorta di «alert», invitando gli operatori a rispettare le regole sulla privacy già esistenti. Visto quest’ultimo argomento scottante, che negli Usa è già molto sentito, non è escluso che in futuro il Garante decida di varare un regolamento ad hoc. La normativa non è però stata accolta dagli operatori senza polemiche che si sono ritrovati a rallentare la produzione dei velivoli per far fronte alla nuova burocrazia. Per questo le prime reazioni alle nuove regole sono state molto ostili e forti.



«All’inizio è stato difficile e gli operatori erano molto guardinghi», riferisce Cifaldi. «Le richieste di autorizzazione pervenute all’Enac – continua - erano lacunose e parzialmente errate. Complice la mancanza di cultura, per valutare ogni pratica è stato impiegato il doppio del tempo necessario».

Ora però, a distanza di poco più di due mesi dall’approvazione della normativa, le cose sembrano andare meglio. «Sicuramente si riesce a lavorare più velocemente». riferisce Cifaldi. «Ad oggi abbiamo rilasciato una trentina di autorizzazioni su circa un centinaio richieste pervenute», aggiunge.



L’Italia non è però l’unica ad aver approvato una normativa per il settore dei «robot volanti». Anche altri paesi europei hanno deciso di regolamentare l’uso civile dei droni, come la Repubblica Ceca, la Danimarca, la Francia, la Germania, l’Irlanda, la Lituania, la Polonia, la Svezia e il Regno Unito. Si tratta di normative molto frammentarie che, secondo quanto si apprende da Bruxelles, la Commissione europea sta pensando di uniformare in modo coerente.



Negli Stati Uniti la situazione è ancora in divenire. Entro settembre del 2015 la Federal aviation administration (Faa) dovrebbe provvedere all'integrazione dei droni commerciali nella regolamentazione dello spazio aereo. Dovrebbe invece essere pronto entro la fine di quest’anno un piano per espandere l’uso dei droni nella regione artica, che dovrebbe autorizzare alcuni voli commerciali per la consegna di merci.
© RIPRODUZIONE RISERVATA