Cambia sesso, ma le nozze valgono
La Consulta accoglie il ricorso

Cambia sesso, ma le nozze valgono La Consulta accoglie il ricorso
di Pietro Piovani
4 Minuti di Lettura
Venerdì 13 Giugno 2014, 10:05 - Ultimo aggiornamento: 14 Giugno, 18:41

BOLOGNA - Per Alessandra Bernaroli sono giornate piene di impegni e di confusione. «Stamattina ho già avuto diverse interviste. Poi per una ripresa televisiva ho cambiato borsa e mi sono dimenticata di prendere le chiavi, per cui adesso sono chiusa fuori di casa. Sto aspettando che venga mia moglie ad aprirmi».

La moglie di Alessandra si chiama Alessandra, ed entrambe sono contentissime per la sentenza della Corte costituzionale: mercoledì scorso i giudici hanno sancito il loro diritto a essere riconosciuti giuridicamente dallo Stato come una coppia, anche se il marito Alessandro dopo le nozze ha deciso di cambiare sesso. La Consulta ha insomma smentito la decisione di sciogliere il loro matrimonio, presa prima dal Comune di Bologna e poi confermata dalla Corte d’appello.

E adesso che succede? «In verità, non l’ha capito nessuno», risponde Alessandra dopo che Alessandra le ha finalmente aperto la porta di casa. «Una cosa però è chiara: la Cassazione aveva chiesto alla Corte costituzionale se il nostro matrimonio fosse da sciogliere oppure no, e la Corte ha risposto che io e Alessandra non possiamo essere lasciati nel nulla normativo».


Però la sentenza spiega pure che ci vorrebbe non il matrimonio ma un’altra forma di riconoscimento.

«Forse i giudici temevano che la loro sentenza potesse essere interpretata come un via libera al matrimonio omosessuale, quindi hanno precisato che l’unione tra persone dello stesso sesso deve essere regolata con le unioni civili.

Ma è evidente che il nostro è un caso eccezionale. Ora la Cassazione dovrà interpretare la sentenza per il nostro caso specifico, cioè dovrà individuare per noi la forma più prossima a un’unione civile».

Non ci sono tante alternative: o il matrimonio o il nulla.

«Appunto, l’unica casella possibile è il matrimonio. Ma in via eccezionale e non estensibile ad altri casi».

E se invece la Cassazione decidesse diversamente?

«Allora rinuncerei alla cittadinanza italiana. Il problema ha trovato una soluzione in tutto il mondo: in Europa, negli Stati Uniti, in Argentina, in Islanda, in Messico... Solo noi non ci riusciamo. Mi rifiuto di essere cittadina di uno Stato di ipocriti, che rifiuta lo sviluppo e la civiltà. Se la Cassazione non confermasse il nostro matrimonio chiederei asilo alla Gran Bretagna».

Parliamo di sua moglie, che dopo aver scoperto di aver sposato un omosessuale ha scelto di restarle accanto.

«Il nostro è un vero, grande amore. Alessandra mi è stata vicina, mi ha seguito tutte le volte che mi sono sottoposta a interventi chirurgici: in Thailandia per il cambio di sesso, e poi una seconda volta per sistemare bene tutto; poi negli Stati Uniti per modificare la voce, con una tecnica sperimentale; e ancora varie volte in Spagna, per ricostruire il viso con la chirurgia maxillo-facciale. Sono stati interventi pesanti, ma per me erano importanti, il supporto di mia moglie è stato fondamentale».

Ora le faccio una domanda che potrebbe giudicare inopportuna, esagerata...

«Dubito che lei sia capace di fare una domanda che a me risulti esagerata».

Come si svolge la vostra vita sessuale?

«Ah è questa la domanda? Me l’hanno già fatta mezzora fa. Ma la domanda nasconde una premessa non detta. Il pensiero che esista un modello di coppia normale, con una sessualità normale, quella che ci viene raccontata dalle pubblicità e dai film. In realtà già il rapporto Kinsey, tanti anni fa, indagando sulla vita sessuale delle coppie eterosessuali si trovò di fronte a un quadro incredibile, impensabile. Le coppie eterosessuali non fanno sesso tutte allo stesso modo, non esistono famiglie “normali”. E nel matrimonio il sesso non è l’elemento fondante».

Lei è un’attivista dei movimenti per i diritti degli omosessuali?

«In trenta anni i movimenti politici e culturali Lgbt non hanno ottenuto nulla, se non qualche posto in Parlamento o negli uffici pubblici».

Però dal punto di vista culturale l’Italia è molto cambiata. Lei lavora in banca e dice di essere rispettata da tutti...

«Sì certo. Lavoro in direzione generale, con altre 1.100 persone, sono stata anche responsabile sindacale».

Ecco, forse quaranta anni fa non sarebbe stato lo stesso.

«Se ci sono stati avanzamenti culturali lo dobbiamo alle direttive europee che siamo stati obbligati a recepire. Certo non al movimento Lgbt italiano, che al massimo ha ottenuto di fare qualche sfilata di carnevale. Noi abbiamo seguito un’altra strada: abbiamo intrapreso una battaglia giuridica, e abbiamo ottenuto un risultato, una sentenza storica».

Lei e sua moglie siete cattoliche.

«Sì, e la Chiesa ha detto che il nostro matrimonio è ancora valido. Perciò voglio rivolgere un appello a tutti i cattolici: scendete in piazza per difendere i diritti della famiglia, della nostra famiglia. E rivolgo un appello anche al Papa, che sembra così innovativo e aperto: visto che telefona a tante persone in difficoltà, agli ultimi, ai discriminati, perché non telefona anche a noi?».

© RIPRODUZIONE RISERVATA