Yara, il giallo della ricetrasmittente
"Ce l'ho, l'ho presa, sto arrivando..."

Yara, il giallo della ricetrasmittente "Ce l'ho, l'ho presa, sto arrivando..."
di Claudia Guasco
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Venerdì 2 Ottobre 2015, 19:06 - Ultimo aggiornamento: 5 Ottobre, 10:44
BERGAMO - E' la sera del 26 novembre 2010, Yara Gambirasio esce per l'ultima volta dalla palestra del centro sportivo di Brembate prima di scomparire per sempre. "L'ora me la ricordo bene, perchè stava iniziando un programma televisivo che mi piace. Tra le 18,15 e le 19,15", riferisce agli investigatori Anna Marra Prata, residente a Ponte San Pietro. Per comunicare con la figlia, che abita nella casa accanto, la donna usa una walkie talkie e proprio nel lasso di tempo in cui la ginnasta svanisce nel nulla la ricetrasmittente comincia a gracchiare. E' un'interferenza, ma le parole sono nitide: "Ce l'ho, l'ho presa. Sto arrivando". Chi stava comunicando questa informazione? E soprattutto: la frase riguardava Yara?



SEGNALE FORTE E CHIARO

Quarta udienza del processo per l'omicidio di Yara Gambirasio. L'imputato Giuseppe Bossetti siede come sempre in prima fila accanto ai suoi avvocati: polo a strisce grigie, jeans, non perde una parola della deposizione di Gianpaolo Bonafini, ai tempi capo della Mobile di Bergamo. Che, chiamato a testimoniare, parla proprio di quella radiolina. "Era sintonizzata sul canale quattro. Secondo la casa produttrice non sono possibili interferenze, ma la signora Prata ha riferito di aver intercettato più volte le comunicazioni dei camionisti", dice Bonafini.



LE INDAGINI

Gli investigatori vanno nei negozi della zona, rintracciano tutti coloro che hanno acquistato le walkie talkie (due persone) ed eseguono prove di trasmisione. "In linea d'aria la casa della signora Prata dista 800 metri dalla palestra di Brembate. Il sgnale è buono in via Locatelli, dove è situata la palestra, e perde forza cento metri più in là in via Morlotti fino a scomparire del tutto verso via Rampinelli, dove si trova la villetta dei Gambirasio". Chi lanciava nell'etere quella strana informazione resta avvolto nel mistero, certo è che poteva trovarsi nei pressi della palestra dall quale è uscita Yara.



IL CUSTODE E IL SUO FURGONE

E' il centro sportivo, oltre alla discoteca "Sabbie Mobili" che si affaccia proprio sul campo di Chignolo d'Isola dove è stato trovato il corpo della ragazzina, il fulcro delle indagini. Il custode Walter Brambilla viene interrogato e intercettato, "però non sottoposto a esame del dna", attacca la difesa di Bossetti. L'uomo guida un furgone Iveco del centro sportivo, con cui riaccompagna a casa i bambini più piccoli dopo le atività sportive. Ma quel mezzo non è stato mai analizzato.



Dove si trovava la sera del 26 novembre? Deposizione di Silvia Brena, allenatrice di ritmica di Yara: "Stavo rientrando a casa e ho incrociato per strada Walter Brambilla alla guida del suo furgone". Obiettivo dei legali di Bossetti è identificare le possibili falle nelle indagini. E infatti sottolineano "lacune e dubbi che restano in un'inchiesta amplissima" e in cui "restano molti punti oscuri".



PERCORSO TORTUOSO

Ma per la Procura un aspetto è stato evidente fin dall'inizio: quando il 26 febbraio 2011 fu trovato il corpo di Yara nel gelido campo di Chignolo, si pensò subito che "chi l'aveva portata lì era nato in quella zona, oppure ci viveva o la frequentava per motivi di lavoro". L'ipotesi che l'assassino di Yara non fosse un orco di passaggio ma conoscesse la zona deriva dal fatto che il percorso dall'impianto e il campo "non è lineare" e contempla "strade secondarie", che difficilmente chi non è del luogo è in grado di percorrere. Le indagini si concentrarono sui dipendenti delle quattordici aziende nei pressi del campo e furono sentite quasi 800 persone. Quindi si passò al setaccio la discoteca "Sabbie Mobili", anche perché qualche mese prima a poche decine di metri dall'ingresso era stato trovato il corpo di un ragazzo sudamericano ucciso, per l'omicidio del quale c'è già una condanna. Delle oltre 31.000 persone tesserate dal club negli anni precedenti, incrociando stati di famiglia e altre caratteristiche, si giunse a una rosa di 476 persone che furono sentite come testimoni e a cui fu prelevato il dna. Tra queste Damiano Guerinoni, nipote di Giuseppe. Il giovane, nel periodo della sparizione di Yara, era in Perù e non poteva quindi avere avuto un ruolo nella vicenda. Ma le successive indagini scientifiche su un eventuale figlio illegittimo dell'autista di Gorno, che secondo la ricostruzione del magistrato Letizia Ruggeri ebbe una relazione con la madre di Bossetti, Ester Arzuffi, portarono prima alla donna e poi al suo figlio maggiore. Il carpentiere di Mapello e padre di famiglia Massimo Bossetti, fermato il 16 giugno del 2014 e sempre proclamatosi innocente.
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