Yara, Bossetti scrive a Feltri: «Mi aiuti, non sono un mostro. Mi volevano far confessare un delitto che non ho commesso»

Yara, Bossetti scrive a Feltri: «Non sono un mostro. Mi volevano far confessare un delitto che non ho commesso»
Yara, Bossetti scrive a Feltri: «Non sono un mostro. Mi volevano far confessare un delitto che non ho commesso»
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Martedì 22 Ottobre 2019, 10:52 - Ultimo aggiornamento: 7 Marzo, 09:00

Massimo Bossetti, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Yara Gambirasio, la 13enne scomparsa la sera del 26 novembre 2010 dopo essere uscita dalla palestra di Brembate di Sopra (Bergamo) e ritrovata cadavere il 26 febbraio 2011 in un campo a Chignolo d'Isola, 10 chilometri da Brembate, scrive a Vittorio Feltri, direttore di Libero: «Non sono né l'assassino della povera Jara, né il mostro che i media e i social hanno dipinto. Sono un uomo normale, semplice che pensava al lavoro e a non far mancare nulla alla propria famiglia». 

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«Arriva quel maledetto giorno - racconta Bossetti - che ha sconvolto la mia vita e quella della mia famiglia, e dei miei cari che oggi mi guardano dal cielo, e sono convinto che questa vicenda li ha provati moltissimo. Non voglio entrare in questa lettera nei dettagli, però non posso fare a meno di dire che il trattamento che la giustizia italiana mi ha riservato è stato scorretto e ha calpestato ogni diritto alla difesa, e mi riferisco anche a quell'ex ministro dell'Interno incapace, che gridava al mondo che era stato preso l'assassino di Jara, calpestando la Costituzione».

«Poi in carcere a Bergamo - prosegue Bossetti - la P.M. e vari responsabili dell'organo penitenziario, mi pressavano a confessare in continuazione un delitto proponendomi benefici. Come potevo confessare un delitto che non ho commesso? La P.M. più volte ha provato a propormi benefici, se erano così sicuri di aver preso l'assassino,non li proponevano con insistenza, né benefici e tantomeno facevano produrre filmati manipolati da distribuire ai media. Poi, il non far assistere i miei legali alle prove più importanti dei reperti e del Dna. Grido dall'inizio di ripetere la prova del Dna e sono sicuro che Le verrebbe ogni ragionevole dubbio. Perché è stato commesso »UN GRAVE ERRORE GIUDIZIARIO« (tutto maiuscolo nella lettera, ndr), non sono io il colpevole,e il codice di procedura penale dice chiaramente all'articolo 533 C.P.P. 1° comma che 'il giudice pronuncia sentenza di condanna se l'imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbiò».

«Direttore - conclude Bossetti - La prego di porgermi la Sua mano d'aiuto, non è giusto essere dipinto un mostro, non è giusto che mi abbiano affibbiato un ergastolo, non è giusto che venga commesso un errore giudiziario, per l'incapacità professionale… Confido che Lei possa capire cosa ho e sto provando. Gentile Direttore, La prego di prendere in considerazione la mia richiesta d'aiuto, restando a sua completa disposizione per ulteriori chiarimenti».

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