Coronavirus, «Noi madri senza aiuti non possiamo lavorare», sos al governo: chi starà con i bambini?

Coronavirus, «Noi madri senza aiuti non possiamo lavorare», sos al governo: chi starà con i bambini?
Coronavirus, «Noi madri senza aiuti non possiamo lavorare», sos al governo: chi starà con i bambini?
di Veronica Cursi
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Sabato 25 Aprile 2020, 09:14 - Ultimo aggiornamento: 16:16

Un piano B non esiste. Non per ora almeno. Dal 4 maggio riapriranno gradualmente negozi, uffici e aziende ma non le scuole. Così, mentre una parte del Paese riprenderà piano piano la sua normalità, ce ne sarà un'altra per cui l'emergenza dettata dal coronavirus non finirà: le famiglie. E' ormai chiaro infatti che gli istituti scolastici rimarranno chiusi fino a settembre e quest'estate probabilmente non riapriranno neppure ludoteche e centri estivi, da sempre aiuti preziosi per chi lavora. Ma se mamme e papà dovranno rientrare in ufficio, chi starà a casa con i bambini? Chi si occuperà di loro dal momento che i nonni sono ancora indisponibili e molti genitori non possono contare sulle baby sitter? Punti interrogativi che accompagnano da settimane milioni di famiglie italiane. E ai tanti dubbi avanzati da mamme e associazioni di genitori, sono ancora troppo poche le risposte arrivate dalle istituzioni.

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POCHE ALTERNATIVE
In Italia ci sono 12 milioni di famiglie con 8,4 milioni di figli a carico in età scolastica. Un piccolo esercito di mamme e papà che in questi mesi ha fatto i salti mortali per destreggiarsi tra lavoro, didattica online e gestione dei figli. E ora che succederà? «Non si può dire ai genitori di tornare a lavorare senza alternative e neppure ai nonni - i soggetti più a rischio contagio - di occuparsene - dice Massimo Gandolfini, portavoce dell'Associazione Family Day - Le famiglie devono poter lavorare, a stipendio pieno, senza abbandonare i figli e per questo servono subito misure concrete: un assegno di 200 euro mensili per ogni figlio 0-15 anni, indipendente dal reddito, e l'estensione, fino a fine anno scolastico, del congedo parentale straordinario con indennità all'80% della retribuzione per tutti quei genitori costretti a non lavorare per accudire a casa i bambini». Le misure messe in campo finora dal governo infatti non sembrano convincere. Il congedo parentale di 15 giorni (per genitori con bimbi fino a 12 anni) prevede una retribuzione al 50% dello stipendio che andrebbe a pesare su una situazione economica già critica, il bonus babysitter da 600 euro (chiesto finora da 40mila famiglie) coprirebbe un quarto delle spese se si considerano 5 mesi, mentre nel prossimo decreto dovrebbe essere previsto un assegno, da aprile a dicembre, per chi ha figli fino a 14 anni ma in base a reddito e numero di figli. C'è poi lo smart working che però non è attuabile per molte attività, per esempio nelle fabbriche, e nella maggior parte delle piccole aziende che non sono attrezzate per il lavoro da remoto. In sintesi, non ci sono alternative: o si torna in ufficio o si rinuncia a una parte dello stipendio. Una ricerca, commissionata da Yoopies - piattaforma internazionale di incontro fra domanda e offerta di servizi alla famiglia - rivela infatti che dal 4 maggio nel 53% delle famiglie intervistate entrambi i genitori dovranno tornare a lavoro. Il 67% vede la tata come l'unica soluzione possibile, ma il 9% giudica insufficiente il bonus baby sitter. E poi che garanzie sanitarie ci sarebbero?
«Non si comprende perché si concentrino ingenti risorse sui servizi di baby-sitting, piuttosto che prevedere delle riaperture dei nidi a gruppi ridotti di bambini», si chiede il direttore di Assonidi, Paolo Uniti che lancia l'allarme sulla chiusura di tanti asili a settembre. Conciliare figli, scuola a distanza e lavoro è un'impresa ardua che ricade sopratutto sulle mamme, già fortemente penalizzate nel mondo del lavoro.


PIÙ DI UN HASHTAG
"Non ci siamo" è l'hashtag con cui Francesca Fiore e Sarah Malnerich, mamme torinesi creatrici del gruppo Facebook MdM (52 mila follower), hanno lanciato una campagna social che ha già raggiunto 300 mila persone con l'obiettivo di far arrivare al governo la voce delle madri. «In un paese in cui i dati Istat rilevano che il 31,5% delle donne disoccupate non cerca lavoro per motivi legati alla cura dei figli e il 28% delle madri attualmente inoccupate ha lasciato il lavoro per gli stessi motivi, come si pensa di tutelare ora le donne? - si chiedono - Molte madri si licenzieranno perché dovranno occuparsi dei bambini. Mentre quelle che hanno già usato tutti i permessi possibili torneranno a lavorare e chi si occuperà dei loro figli?».



Una situazione che rischia di farci fare un passo indietro in diritti conquistati a fatica. Sulla piattaforma change.org, una lettera indirizzata alle ministre dell'Istruzione Lucia Azzolina e della Famiglia Elena Bonetti, firmata dall'avvocatessa Andrea Catizone, dall'esperta di diritto penale Antonella Madeo, racconta il «senso di angoscia provato dalle madri che da febbraio gestiscono una situazione che rischia di determinare una loro fuoriuscita definitiva dal mondo del lavoro».

CENTRI ESTIVI
E con l'estate la situazione non migliorerà.

Il sindaco di Milano, Beppe Sala ha lanciato l'idea di una summer school. Mentre la sindaca di Roma, Virginia Raggi ha dichiarato che già dal mese di luglio sta pensando a una riapertura dei centri estivi magari con due turni, mattina e sera. Quella dei centri estivi a prezzi contenuti (con regole e modalità nuove) è un'ipotesi a cui sta lavorando anche la ministra Bonetti. Una soluzione realizzabile attraverso bandi aperti a centri, associazioni e terzo settore e che potrebbero partire a metà maggio. Mentre il Forum Nazionale delle Associazioni Familiari ha ipotizzato la possibilità di creare dei centri estivi condominiali per chi ha la fortuna di vivere in palazzi che hanno spazi all'aperto, come cortili o giardini. «Bisogna trovare una soluzione - ripete il Moige-il Movimento Italiano Genitori - E bisogna farlo in fretta».

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