Il Covid gli ha bruciato i polmoni a 18 anni: Francesco salvato da un trapianto record a Milano

Il Covid gli ha bruciato i polmoni a 18 anni: Francesco salvato da un trapianto record a Milano
Il Covid gli ha bruciato i polmoni a 18 anni: Francesco salvato da un trapianto record a Milano
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Giovedì 28 Maggio 2020, 11:23 - Ultimo aggiornamento: 7 Marzo, 23:43

Covid-19 gli ha 'bruciato' i polmoni a soli 18 anni. E lui, da ragazzo sano e forte, si è ritrovato nel giro di 4 giorni gravissimo in rianimazione. Erano i primi giorni di marzo. Un incubo durato fino a poche settimane fa quando Francesco diventa protagonista di un trapianto record, eseguito al Policlinico di Milano. Si tenta l'ultima risorsa, quella di donargli dei polmoni nuovi. Dopo oltre 2 mesi in cui il ragazzo è stato tenuto in vita in circolazione extracorporea dall'équipe di Terapia intensiva cardiochirurgica dell'ospedale San Raffaele nella tensostruttura provvista di macchina Ecmo, nata per fronteggiare l'ondata di malati Covid dei giorni clou dell'emergenza. Il trapianto è riuscito. Oggi, informa il Policlinico, Francesco è sveglio, collaborante, segue la fisioterapia e viene lentamente svezzato dal respiratore. «È la prima volta in Europa per un'operazione di questo tipo», spiegano dall'Irccs di via Sforza. Negli stessi giorni si è svolto un intervento analogo anche in Austria (a Vienna, la scorsa settimana). Ma era una strada praticamente inesplorata, se non in pochi rari casi in Cina. Gli stessi medici lo definiscono «un salto nel vuoto».

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Francesco ha compiuto 18 anni giusto 2 settimane prima che in Italia esplodesse la pandemia di coronavirus Sars-CoV-2. È un ragazzo alto e perfettamente sano, senza alcuna malattia pregressa. Ma il virus non lo risparmia. Francesco si infetta e Sars-Cov-2 gli danneggia irrimediabilmente i polmoni, 'bruciandò ogni capacità di respirare normalmente. Tutto comincia il 2 marzo, con una febbre alta. Dopo 4 giorni, il 6 marzo, Francesco si ritrova in terapia intensiva al San Raffaele. Le sue condizioni continuano ad aggravarsi. Solo 2 giorni dopo ha bisogno di essere intubato. Intanto il virus non smette di fare danni, e compromette i polmoni così tanto che il 23 marzo i medici dell'Unità di terapia intensiva cardiochirurgica dell'Irccs di via Olgettina lo devono collegare alla macchina salvavita Ecmo. Ma anche questo non basta più, e il virus colpisce ancora più duramente: ormai i polmoni del ragazzo si sono compromessi irrimediabilmente, non si torna più indietro. È in fin di vita Francesco quando, a metà aprile, arriva il primo barlume di speranza: in un confronto con gli esperti della Chirurgia toracica e trapianti di polmone del Policlinico, diretti da Mario Nosotti, si decide di tentare la via del trapianto.

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I medici sono consapevoli del fatto questo percorso fino ad allora era stato tentato solo in Cina, dove la diffusione del coronavirus ha avuto inizio. «Qui, oltre alle competenze tecniche - racconta Nosotti, direttore della Scuola di specializzazione in Chirurgia toracica all'università degli Studi di Milano - devo sottolineare la caparbietà e il coraggio dei colleghi del San Raffaele che, invece di arrendersi, ci hanno coinvolto in una soluzione mai tentata prima nel mondo occidentale. La nostra esperienza prende spunto da quella del professor Jing-Yu Chen dell'ospedale di Wuxi in Cina, che conosciamo personalmente e con quale abbiamo discusso alcuni aspetti tecnici, dal momento che per ovvi motivi si è trovato a fronteggiare il problema prima di noi». Francesco diventa quindi anche lui un paziente pioniere sotto molti punti di vista, se si pensa che, fra le altre cose, nella delicata gestione post-operatoria è stato utilizzato anche il plasma iperimmune. 

Il trapianto di polmoni eseguito al Policlinico di Milano è stato complesso sia per le condizioni degli organi del ragazzo, che per i dispositivi di protezione che hanno creato impiccio nei movimenti dei medici.

L'intervento però è riuscito e ora il paziente dovrà seguire un lungo periodo di riabilitazione, come spiega Mario Nosotti, direttore della Scuola di specializzazione in Chirurgia toracica dell'Università Statale di Milano. «I polmoni apparivano lignei, estremamente pesanti e in alcune aree del tutto distrutti», precisa Nosotti. A ciò si sono aggiunte le difficoltà pratiche rappresentate dall'indossare i dispositivi di protezione contro il coronavirus, tra cui anche dei caschi ventilati, che impacciano i movimenti e affaticano. L'intervento si è però concluso perfettamente e nella fase post-operatoria è stato utilizzato anche il plasma iperimmune. Oggi Francesco è sveglio, collaborante, segue la fisioterapia e viene lentamente svezzato dal respiratore. Dovrà seguire una lunga riabilitazione per quei 58 giorni passati a letto, intubato e assistito dalle macchine.

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