Fratelli annegati nel fiume: il maggiore si è tuffato per cercare di salvare il più piccolo

Ritrovati a circa un chilometro dal punto in cui si erano tuffati

Fratelli annegati nel Piave: il maggiore si è tuffato per salvare il più piccolo
Fratelli annegati nel Piave: il maggiore si è tuffato per salvare il più piccolo
di Maria Elena Pattaro
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Martedì 21 Giugno 2022, 09:42

«Fallou stava per annegare, Bassirou si è buttato in acqua per salvarlo. Ma la corrente li ha portati via». I due fratelli, di 14 e 18 anni, sono annegati nel Piave, sotto gli occhi degli altri due fratelli e di un amico, tutti di origini senegalesi. «Sono morti» sono le uniche due parole che l'amico delle due vittime riesce ad aggiungere: ha lo sguardo spento mentre spinge la bicicletta lungo la stradina sterrata che da via Argine Piave, a Fagaré della Battaglia, conduce al fiume.

L'APPUNTAMENTO

Doveva essere un pomeriggio da passare in compagnia, tra chiacchiere, risate e un bagno rinfrescante per sottrarsi al caldo torrido di questi giorni.

Invece è finito in tragedia: con Fallou e Bassorou Bop Sarigne, residenti a San Biagio, uccisi da un fiume che non perdona. I corpi senza vita sono stati ripescati dai sommozzatori circa un chilometro più a valle. Il gruppo di cinque ragazzi ha raggiunto la riva in bicicletta, in un punto vicino al Monumento Molino della Sega: si sarebbero tuffati in un canale secondario del Piave, che non è in secca e che dà origine a una pozza profonda da cui non sarebbero più riusciti a risalire. «Andiamo spesso a fare il bagno nel Piave - racconta l'amico Karim, originario del Marocco, che ieri però ha declinato l'invito perché doveva studiare per la maturità -. E facciamo sempre attenzione perché sappiamo che può essere pericoloso». Ieri però non è bastato.

Due ragazzi di 14 e 18 anni annegano nel fiume Piave ​davanti agli occhi degli amici

L'ALLARME

L'allarme è scattato poco dopo le 18. A lanciarlo sono i tre ragazzi che dalla riva non vedono più riemergere i due fratelli. «Aiuto, non vediamo più i nostri amici. Si sono tuffati nel Piave ma non tornano più su». In un lampo si mette in moto la macchina delle ricerche. L'elicottero dei vigili del fuoco perlustra la zona dall'alto. A terra pompieri e carabinieri, oltre ai sanitari del Suem 118, giunti a Fagarè sia con un'ambulanza che con l'elisoccorso. Il nucleo sommozzatori si cala in acqua, a cercare nelle gelide e vorticose acque del Piave quei due ragazzi. Ogni minuto che passa la speranza di trovarli vivi si affievolisce. Un'ora dopo i peggiori timori si trasformano in una tragica certezza: dall'acqua affiorano le salme dei due fratelli. A circa un chilometro dal punto in cui si erano tuffati. I soccorritori le ricompongono sulla riva: sono adagiate l'una accanto all'altra, coperte da un lenzuolo bianco.

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LE RICERCHE

Attorno i soccorritori, inermi, mentre sull'argine arriva il papà, accompagnato da amici e connazionali, che si abbandona a un pianto disperato, straziante. Poi il dolore prende il sopravvento, lo acceca e il genitore prende a testate la staccionata che costeggia il sentiero. Soltanto l'intervento dei carabinieri e l'abbraccio dei connazionali riescono a fermarlo. Nel frattempo le salme dei suoi figli vengono trasportate in obitorio a bordo dell'elicottero dei vigili del fuoco, tra il dolore della comunità senegalese che si riversa lungo quella strada sterrata che porta al fiume. In tanti accorrono perché la notizia dei due ragazzi annegati rimbalza nelle varie chat e i genitori con figli di quell'età raggiungono la sponda del Piave con il cuore in gola: quei due ragazzi annegati potrebbero essere i loro figli. «Sono corso qua perché temevo che fossero annegati i miei ragazzi - dice un genitore -. In ventidue anni che sono qua non avevo mai visto questo posto. Non capisco perché vengano qui. E mi dispiace immensamente per quello che è successo. Noi senegalesi siamo come una grande famiglia. È una cosa che fa malissimo». «Mio figlio era con loro - racconta tra i singhiozzi una giovane donna -. Sono amica della loro mamma e conoscevo bene anche loro. È terribile». «Non riesco a darmi pace - afferma Silvano Tomasi, presidente dell'Atletica San Biagio, società per la quale era tesserato Bassorou - Era un ragazzo educatissimo e, pur avendo ancora qualche problema con la lingua italiana, si era inserito subito in gruppo. Gli piaceva l'atletica, era un velocista, correva i 100 e i 200 metri. Sono senza parole».

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