Skype in carcere ai detenuti per parlare
con i familiari: «Così non ci dimenticano»

Skype in carcere ai detenuti per parlare con i familiari: «Così il mondo non ci dimentica»
Skype in carcere ai detenuti per parlare con i familiari: «Così il mondo non ci dimentica»
di Simone Pierini
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Mercoledì 30 Gennaio 2019, 18:11 - Ultimo aggiornamento: 19:00
«Così il mondo non ci dimentica». Skype entra nelle carceri italiane per facilitare le relazioni familiari dei detenuti e garantire le loro esigenze affettive: nei prossimi giorni 400 pc portatili saranno inviati ai Provveditorati Regionali che, a loro volta, li distribuiranno agli istituti penitenziari dell'ambito territoriale di competenza; due saranno i pc disponibili in ogni istituto. Già nei mesi scorsi il capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria (Dap), Francesco Basentini, aveva parlato di questo che è partito come progetto pilota in tre istituti penitenziari per ora essere impiegato su larga scala.



Grazie all'utilizzo delle tecnologie informatiche e di Internet, ora i detenuti potranno avere contatti più agevoli con figli, genitori o coniugi alleggerendo il peso di spostamenti, attese e incontri all'interno delle strutture penitenziarie. A beneficiarne saranno, in particolare, i bambini che hanno genitori in carcere con i quali potranno avere contatti audio-visivi rimanendo in casa.

La normativa prevede che non tutti i detenuti potranno beneficiare di questa possibilità (per esempi non potranno farlo i detenuti al 41 bis): accanto alla finalità affettiva risulta fondamentale, infatti, sottolinea il ministero della Giustizia, che tutto si svolga nella massima sicurezza. Dal punto di vista giuridico, la videochiamata - spiega il ministero della Giustizia - viene equiparata ai colloqui, anche per quanto riguarda autorizzazioni, durata e controllo. I detenuti, in linea generale, potranno fare fino a sei video-colloqui al mese per la durata massima di un'ora. Per quelli in attesa di giudizio sarà necessaria l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria.

Prima di svolgere le videochiamate ai familiari, i detenuti dovranno presentare richiesta indicando l'indirizzo mail da contattare e allegando copia del certificato che attesta la relazione di convivenza o il grado di parentela. Il familiare o il convivente destinatario della chiamata dovrà, invece, assicurare (tramite autocertificazione) che parteciperanno al collegamento esclusivamente i soggetti indicati nella richiesta e autorizzati. Per il collegamento i detenuti saranno accompagnati in appositi locali degli istituti dove avranno a disposizione postazioni informatiche abilitate.

Per assicurare, accanto alla riservatezza, anche condizioni di completa sicurezza, i colloqui si svolgeranno sempre sotto il controllo visivo del personale della Polizia Penitenziaria che da postazione remota potrà visualizzare le immagini che appaiono sul monitor del computer che sta utilizzando il detenuto. Nel caso di comportamenti non corretti del detenuto o dei familiari, il video collegamento verrà interrotto immediatamente con conseguente preclusione del servizio. Nei mesi scorsi, nel corso di un incontro tra i giudici della Corte Costituzionale e i detenuti del carcere romano di Rebibbia, molti avevano lamentato di poter telefonare una sola volta alla settimana ai propri cari ed avevano chiesto «maggiore affettività per non farci dimenticare dal mondo lasciato fuori»: in quella occasione era stata promessa l'introduzione graduale di Skype nelle carceri. Promessa ora mantenuta.
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