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Le indagini sono scaturite dall'operazione che, a luglio del 2016, aveva portato in carcere per reati tributari lo stesso Ricucci e l'imprenditore Mirko Coppola. I successivi accertamenti degli uomini del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Roma hanno fatto emergere un accordo corruttivo tra il giudice Russo e i due imprenditori in relazione ad un contenzioso tributario tra la “Magiste real estate property spa” e l'Agenzia delle Entrate con al centro un credito Iva di 20 milioni che la società vantava nei confronti dell'erario.
Dai documenti sequestrati un anno e mezzo fa, è emerso che Russo già prima della decisione della Commissione tributaria, era legato ai due imprenditori «da vincoli di fiducia - dice il Gip - basati sull'amicizia, comune colleganza di interessi e frequentazione». Avrebbe dovuto dunque astenersi in quanto in conflitto di interessi, secondo gli inquirenti, ed invece fu il relatore ed estensore della sentenza d'appello, che ribaltò, a favore della Magiste, il precedente provvedimento emesso dalla commissione tributaria provinciale.
L'ACCUSA
«Russo - in qualità di componente della commissione e tributaria - avrebbe favorito una sentenza nell’ambito di un contenzioso tributario tra la Magiste Real Estate Property spa
e l’Agenzia delle Entrate, avente ad oggetto il riconoscimento di un credito Iva di oltre 20 milioni di euro, vantato dalla citata società nei confronti dell’Erario».
Russo, scrive il gip nell'ordinanza – «già prima della decisione era legato a costoro da vincoli di fiducia basati sull’amicizia, comune colleganza di interessi e frequentazione, alla base dell’accordo illecito corruttivo concretato anche in regalie e disposizioni economiche di favore». In cambio, Russo avrebbe ottenuto cene e serate in hotel romani. Scrive ancora il giudice: «Il magistrato – anziché astenersi, come avrebbe dovuto in quanto in conflitto d’interessi – avrebbe favorito i suoi “amici”, nella sua qualità di relatore ed estensore della sentenza di secondo grado, favorevole all’impresa ricorrente, che aveva riformato la precedente pronuncia della Commissione Tributaria Provinciale, di segno opposto».