Maestra supplente assunta il lunedì
e licenziata il martedì. Ogni settimana

Maestra supplente assunta il lunedì e licenziata il martedì. Ogni settimana
Maestra supplente assunta il lunedì e licenziata il martedì. Ogni settimana
di Mauro Favaro
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Domenica 21 Luglio 2019, 12:17 - Ultimo aggiornamento: 12:46
RONCADE (TREVISO) - Assunta il lunedì e licenziata il martedì. Ogni settimana. Come fosse a chiamata. Per una paga di 5,50 euro lordi all'ora. Una maestra supplente di scuola elementare è andata avanti così per tutto l'ultimo anno scolastico. Alla fine ha ricevuto uno stipendio totale di 1.053,34 euro. «Invece avrebbe avuto diritto a circa 8mila euro lordi complessivi», mettono in chiaro dalla Gilda degli insegnanti, sindacato che la sta seguendo, assieme all'avvocato Innocenzo D'Angelo. E dopo l'ispettorato del lavoro, ora la docente è pronta a rivolgersi al giudice del lavoro. Lei, 50enne docente precaria con oltre un decennio di esperienza, all'inizio dell'anno scolastico aveva accettato una supplenza a tempo determinato, dal 21 settembre al 30 giugno, in un istituto comprensivo del trevigiano con orario part time di 12 ore settimanali  sulle 24 che costituiscono il normale orario di cattedra. Il part time in questione è stato concentrato in due giornale: la maestra era in classe il lunedì e il martedì. Non sembravano esserci problemi. Dopo l'inizio delle attività, però, dalla segreteria della scuola le hanno chiesto di firmare delle carte con cadenza settimanale. «Mi hanno detto che era necessario perché lavoravo solo per due giorni», racconta la maestra. Quelle carte, invece, si sono rivelate dei contratti. L'insegnante veniva assunta e licenziata di settimana in settimana, tra l'altro senza scorrimento di graduatoria. «Si tratta di un vergognoso sfruttamento di Stato denuncia Michela Gallina, coordinatrice della Gilda di Treviso l'insegnante è stata umiliata». La maestra ha prestato servizio ogni settimana nelle stesse classi e con lo stesso orario. Le sono stati assegnati i registri personali per tutto l'anno, nei quali compariva il suo nome come insegnante della classe. Ha anche proposto il proprio piano annuale delle attività al preside, che l'ha approvato. «Ha fatto tutto quello che dovrebbe fare un insegnante part time con orario di 12 ore», è la sintesi di Gallina. Il nodo sta tutto nei contratti settimanali. Un insegnante part time a 12 ore percepisce la metà dello stipendio lordo di uno a tempo pieno. La maestra in questione, invece, è stata pagata a giornate. «Come un bracciante», dicono dalla Gilda. 
I CONTRATTI«I contratti settimanali l'hanno portata a ricevere l'astronomica cifra di 1.053,34 euro, compresa la tredicesima fa i conti Gallina è stata pagata 33 euro al giorno. Vuol dire 5,50 euro lordi all'ora». A conti fatti, a causa del giochetto dei contratti settimanali, ha percepito 7mila euro in meno rispetto ai colleghi che hanno fatto lo stesso lavoro. Ma ancora non basta. «Al danno economico si è sommata anche l'impossibilità di far valere l'anno come punteggio ai fini del servizio per l'aggiornamento delle graduatorie, oltre alle ricadute previdenziali di questo trattamento ridotto evidenziano dalla Gilda un danno enorme, provocato con la massima disinvoltura da parte della scuola». Il sindacato si è già rivolto all'ispettorato del lavoro. In sede di conciliazione, però, la pubblica amministrazione si è limitata a riconoscere l'anno di servizio solo ai fini del punteggio per le graduatorie. Senza prevedere nulla sul piano economico. Adesso la maestra si rivolgerà al giudice del lavoro per vedersi riconoscere la retribuzione che manca all'appello. «E purtroppo lo dovrà fare a sue spese conclude Gallina al giudice spetterà il compito di accertare come i contratti settimanali e i sistematici licenziamenti e assunzioni nascondessero in realtà un unico contratto a tempo determinato, con l'unico fine di ottenere una prestazione risparmiando 7mila euro sulla pelle della docente. Intraprendere questa battaglia è importante per evitare che quanto accaduto diventi prassi diffusa, penalizzando ulteriormente gli insegnanti precari, già abbastanza maltrattati». 
Mauro Favaro 
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