«Tanti gruppi contro Ratzinger per la lotta alla pedofilia ma la verità verrà fuori, ecco come» rivela il cardinale Mueller

il cardinale Mueller nel suo studio
il cardinale Mueller nel suo studio
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Lunedì 2 Gennaio 2023, 09:24

Il cardinale Gerhard Mueller, tedesco come Ratzinger, già prefetto della Congregazione della Fede, viene raggiunto in Polonia dove si trova per un ciclo di conferenze. È addolorato e al telefono fatica a contenere l'emozione. «Sono ore difficili. Abbiamo perso una delle massime menti pensanti che la Chiesa contemporanea ha avuto. Uno dei teologi più importanti del XX e XXI secolo. Personalmente era un punto di riferimento e un amico vero».
Per cosa in particolare passerà alla storia Benedetto XVI?
«È stato un teologo capace di una chiarezza rara. Lascia un percorso di conoscenza sterminato. Come Prefetto della Congregazione della Fede ha scritto tra i più importanti documenti del pontificato di Giovanni Paolo II. L'entità della sua preparazione è racchiusa forse nelle sue encicliche, sulla carità, la fede, la speranza».
Quale è il suo ricordo personale più intenso?
«Il nostro è stato un rapporto costruito giorno dopo giorno. Tra tanti momenti di confronto teologico e di elaborazione mi viene da ricordare in particolare il giorno del mio compleanno, tanti anni fa, quando ero ancora nella diocesi di Ratisbona. Compio gli anni il 31 dicembre e quell'anno lui era andato dal fratello. Era ancora Prefetto della Congregazione. Dopo una messa in cattedrale siamo andati a mangiare assieme ed è stata una serata familiare, piacevole. Abbiamo riso e parlato delle cose quotidiane. Abbiamo avuto naturalmente tantissimi incontri accademici e teologici, capitava di affrontare tematiche complesse ma poi il nostro rapporto umano ci portava a sfiorare anche le cose personali, le persone conosciute in comune, le cose della mia vita e della sua vita. Insomma, era un buon amico».
Fu Benedetto XVI a chiamarla a Roma come suo successore alla Congregazione della Fede, perché volle proprio lei?
«Lo ha scritto e spiegato in un libro. Disse che il vescovo Mueller a suo parere sarebbe stato ottimo perché tra tutti i vescovi del mondo era il più preparato dal punto di vista teologico. Era la sua opinione. Naturalmente questo giudizio mi fece arrossire ma era quello che pensava».
Lei ha curato la sterminata opera omnia di Joseph Ratzinger: quale è in buona sostanza l'attualità del suo pensiero?
«Le sue opere in tedesco sono tradotte in diverse lingue e continuano ad essere divulgate. Manca solo un volume alla traduzione. Penso che il suo modo di fare teologia non appartenga al metodo scolastico ma abbia incluso un orizzonte più ampio, contaminandosi con la letteratura moderna. In questo modo, per esempio, i problemi di oggi risultano filtrati da una visione certamente eclettica. La linea di Agostino, Bonaventura, san Tommaso, Duns Scoto esistono in parallelo al contatto con il pensiero moderno. Ratzinger è riuscito a fare una trasposizione dei classici, filtrandoli in modo personale. È così che è riuscito a mettere a fuoco la debolezza del pensiero occidentale contemporaneo dovuto al relativismo etico. E allo stesso modo ha inquadrato altre sfide: penso al transumanesimo, la tentazione dell'uomo a farsi Dio, alla grande questione antropologica. Dove sta andando l'uomo? Che rapporto c'è con la Verità? Si è interrogato sugli effetti a lunga scadenza di quelle correnti che negano storicamente Dio. Una sua base di lavoro è stata la Dei Verbum, la costituzione conciliare. Ratzinger del resto è stato uno dei maggiori conoscitori del Vaticano II. È questo il centro del suo lavoro».
Perché è stato attaccato ferocemente in Germania, prima con le false accuse di avere fiancheggiato il nazismo da ragazzo e poi per la vicenda sulla pedofilia nella diocesi di Monaco?
«Ci si dovrebbe chiedere perché i tedeschi finiscono sempre per avere un atteggiamento anti-romano dai tempi della Riforma. Lo dico da tedesco. Hanno costruito su Ratzinger menzogne, ciclicamente smentite perché basate su elementi fallaci. Anche sulla vicenda di Monaco non ha mai mentito, non ha gestito male un caso di pedofilia. Ha gestito solo il caso di un prete che gli veniva mandato da una altra diocesi a curarsi da uno psichiatra di Monaco e ha provveduto a fornirgli una stanza in una parrocchia. La verità è salvezza e verrà fuori. Come Prefetto nessuno come lui ha combattuto la pedofilia e certamente questo è stato un elemento che può averlo reso ostile a tanti gruppi. Purtroppo quando ci sono pregiudizi è difficile abbatterli».
Quale è la riforma del suo pontificato?
«Lui avrebbe certamente voluto ricomporre lo scisma lefebvriano ma non c'è riuscito. Quello di Ratzinger è stato un pontificato riformatore, nel senso che ha approfondito la fede e l'ha attualizzata: su Cristo, il sacerdozio, la liturgia».
Lei ha avuto parole critiche sulle sue dimissioni, perché?
«Non volevo criticare lui per una decisione personale.

Gli ho spiegato che mi trovavo in contrasto con la possibilità di dimissioni a 75 anni per i vescovi. Visto che anche il Papa è un vescovo valeva anche per lui. Le dimissioni creano diversi problemi a livello teologico in merito al principio dell'unità e le dimissioni del Papa hanno reso evidente questa distorsione. È vero che il Codice di Diritto Canonico contempla la possibilità, ma quando Benedetto XVI prese la decisione non tenne conto di tanti effetti. Le domande sono rimaste inevase sul tappeto».

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