La quarta dose del vaccino anti Covid è molto probabile. Lo ha ipotizzato il coordinatore del Comitato tecnico scientifico, il professor Franco Locatelli; lo dicono anche i dirigenti delle case farmaceutiche che stanno adattando i vaccini alle nuove varianti (ma in questo caso è lecito valutare un conflitto di interesse); lo confermano, ma avvertendo che ancora non ci sono certezze, molti esperti in giro per il mondo. C'è anche uno scenario nuovo: ogni anno vaccineremo i più fragili con un bivalente, vale a dire un vaccino che protegge sia dal virus dell'influenza, sia da Sars-CoV-2, aggiornandolo ciclicamente.
Ma quanto è probabile la quarta dose?
Spiega il professor Massimo Ciccozzi, scienziato del Campus Bio-Medico di Roma: «Ciò che stiamo vedendo è che Sars-CoV-2, con la mutazioni, ad esempio con la Omicron, si sta adattando, ma questa non è per forza una cattiva notizia, anche se ci servono molti più dati per avere un quadro preciso. Con l'adattamento, sarà utile una vaccinazione ogni anno, magari riservata solo ai più fragili, ai più anziani, con un vaccino aggiornato alla variante dominante».
Ogni inverno riceveremo due iniezioni, una per l'anti influenzale e una per l'anti-Covid?
Secondo Ciccozzi non è detto: «Potrebbe essere anche scelta la strada del bivalente, un vaccino con una doppia protezione dall'ìnfluenza e da Sars-Cov-2. Alcune case farmaceutiche stanno già studiando un prodotto di questo tipo anche se con un bivalente il dosaggio diventa inferiore. Detto questo, resto dell'idea che il futuro ci porterò a proteggere soprattutto anziani e fragili». Oggi però non sappiamo quanto sia prossimo questo futuro.
Perché serve la quarta dose (e non solo)?
Ci sono due motivi. La prima è che è stato verificato che dopo cinque-sei mesi la presenza degli anticorpi si riduce, addirittura nel caso del monodose Johnson&Johnson questo avviene anche prima.
Con quale frequenza dovremo vaccinarci contro il Covid o, quanto meno, dovranno farlo i più fragili?
Su questo tema il sito specializzato americano Healthline ha sentito due esperti, il dottor Dean A. Blumberg , capo delle malattie infettive pediatriche presso l'Università della California, e il dottor William Schaffner, studioso di malattie infettive presso la Vanderbilt University nel Tennessee. Entrambi ipotizzano un arco temporale che può andare dai 6 ai 12 mesi o anche più. Shaffner: «Stiamo imparando mentre procediamo. Nessuno di noi sarebbe sorpreso se ci fosse bisogno di booster ad un certo intervallo. Sarebbe un anno, 2 anni, 5 anni? Non lo sappiamo». Blumberg: «Se vedremo che è utile una vaccinazione annuale, allora potrà essere aggiornato con quella frequenza, seguendo la tempistica dell'anti influenzale. Dunque, ogni autunno-inverno».
Resta un problema: i paesi ricchi potranno organizzarsi per campagne vaccinali cicliche anche contro Sars-CoV-2, quelli in via di sviluppo saranno maggiormente in affanno.
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