La prof colpita con la pistola ad aria compressa: «Ho paura degli studenti, non riesco più a insegnare»

Le sparano con la pistola ad aria compressa in classe, la prof: «Non riesco più a insegnare, ho paura degli alunni»
Le sparano con la pistola ad aria compressa in classe, la prof: «Non riesco più a insegnare, ho paura degli alunni»
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Domenica 15 Gennaio 2023, 14:58

Maria Luisa Finatti è la professoressa di Rovigo colpita con una pistola ad aria compressa dai suoi alunni e presa in giro con un video sui social. Tutto per avere più follower su Instagram. Una vicenda accaduta a ottobre che ha fatto scalpore, visto che la donna ha deciso di denunciare l'intera classe. E a tre mesi da quell'incubo, la professoressa ammette di aver paura e di non riuscire a tornare a insegnare.

 «Mi fanno paura»

 

«Sono passati tre mesi da quel giorno e io non riesco più a tornare quella che ero. Sono cambiata, mi sono chiusa, non riesco a insegnare come prima. I ragazzi in generale mi fanno paura, e non dico solo quelli della classe che ho denunciato, parlo di tutti. Poi però devo anche ammettere che ci sono molti altri studenti che mi sono vicini», queste le prime dichiarazioni che la professoressa di Scienze dell'Istituto Viola Marchesini ha voluto rilasciare a Il Corriere della Sera.

L'aggressione

Lo scorso 11 ottobre i ragazzi di una prima le hanno sparato addosso dei pallini che gomma che l'hanno colpita molto vicino agli occhi. Il video dell'aggressione dei suoi alunni è stata filmata con gli smartphone e in poche ore è diventato virale sui social network, su Instagram e TikTok. Mentre la docente chiedeva conto di quella violenza subita, altri l’hanno derisa e denigrata.

Adesso Maria Luisa Finatti ha deciso di agire per vie legali e ha voluto chiarire la posizione del suo gesto parlandone con i giornalisti, nonostante l'evidente imbarazzo di chi, suo malgrado, è finito sotto i riflettori. 

«Si è rotto qualcosa»

La donna racconta che, nonostante siano passati tre mesi, qualcosa si è rotto nella sua testa. La professoressa insegna da oltre 20 anni e sta cercando di risollevarsi, ma è come se qualcosa di fosse rotto, non si sente più la stessa. «Quello che è accaduto è di una gravità estrema - racconta a Il Corriere della Sera -, erano tutti uniti, tutti compatti, mi hanno teso una vera e propria imboscata. Quando sono entrata nell’aula quel giorno, come sempre ho chiesto di mettere via i telefonini, e i ragazzi, che avevano già organizzato tutto, mi hanno detto “guardi prof li mettiamo qui sul davanzale sopra i termosifoni”».

La donna non ha dato peso a quella strana risposta, ma in realtà, i suoi studenti volevano filmare tutto. Hanno sparato un prima volta, senza colpirla. A quel punto è scattata in piedi per requisire l'arma e, in pochi secondi, il video che era già online. Poi, non contenti, alla fine della lezione hanno sparato ancora e l'hanno colpita, e nessuno si è alzato in piedi per prendere le distanze dai compagni. Anzi, un ragazzo c’è stato, la donna lo ha sentito dire «che cosa avete fatto? Non dovevate sparare» agli altri, e per tutta risposta lo hanno insultato. Così anche lui ha desistito e si è rimesso a sedere senza più aprir bocca. 

L'omertà

«Il clima di omertà che si è creato in quella classe è pericoloso, li ho denunciati tutti, così finalmente qualcuno si occuperà di andare a parlare con ognuno di loro, qualcuno dovrà far loro capire che hanno sbagliato: ha sbagliato chi ha sparato, ha sbagliato chi si è messo sotto l’ala protettrice dei violenti». Nel frattempo l'istituto non ha sospeso nessuno e la professoressa avrebbe voluto che la scuola facesse qualcosa di più, ma aggiunge anche che non è giusto spostare l'attenzione sugli errori dell'istituto, con il quale ha un legame affettivo visto che ci ha studiato anche suo padre. 

I genitori 

«È sugli studenti che si deve accendere un faro, e anche sui genitori che prendono le distanze da quello che avviene in classe. Come se quello che accade a scuola fosse completamente scollegato dalla loro quotidianità. Ho ricevuto scuse solo da un genitore: dove sono tutti gli altri?». A questo punto le viene fatto notare che i genitori avrebbero voluto contattarla, ma la scuola glielo ha impedito. Ma per la donna questa non è una scusa accettabile. Avessero voluto veramente chiederle scusa, dopo tre mesi, il modo lo avrebbero trovato lo stesso. Secondo la professoressa, i genitori non lo hanno fatto perché non lo ritengono importante. E la cosa che più la ferisce è sentirsi dire che non è una buona insegnante perché non è in grado di tenere tranquilla una classe, come se la colpa di quello che è successo fosse sua. A dirglielo è stato qualche studente che ha voluto rinfacciare quanto accaduto.

La  solidarietà

Tutti i colleghi le sono stati vicini. «Mi hanno raccontato le loro disavventure con studenti maleducati. Quello che è successo a me è gravissimo, ma anche ad altri accadono cose terribili», sottolinea la donna. E spiega che ai ragazzi interessava solo aumentare i follower sui social, non gli interessava nient'altro, aggiungendo: «Quella dei cellulari è una questione che va affrontata con coraggio da parte delle famiglie, sono tanti i ragazzi che passano pomeriggi interi sui social, sono soli, quella è la loro compagnia, e non va bene così». Per poi ammettere di aver pensato di abbandonare la scuola, ma che non è giusto e che non vuole darla vinta a quei genitori che la accusano. Le hanno tolto quella classe, ma ne ha molte altre e continuerà a svolgere il lavoro che da in più di 20 anni ha sempre affrontato con dedizione e passione. 

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