«Voglio il nome e cognome di chi oggi ha il ciclo mestruale, ok? Sennò gli calo le mutande io». È l'audio raccapricciante inviato dalla titolare di un noto supermercato di Pescara e rivolto ai capi reparto dopo che ha ritrovato un assorbente usato, ma richiuso, fuori dal cestino del bagno dell'esercizio commerciale.
«Visto il rifiuto delle lavoratrici di comunicare nell'immediato quanto richiesto - denuncia la Filcams Cgil Abruzzo e Molise - la violenza verbale si è tramutata in fisica in quanto si è passati dalle parole ai fatti». «Tutto - spiega all'Adnkronos Davide Urbano, segretario provinciale Filcams Pescara, che denuncia pubblicamente l'accaduto insieme al collega Lucio Cipollini, coordinatore regionale Filcams Abruzzo e Molise - comincia lo scorso 14 aprile».
La donna voleva l'elenco delle lavoratrici in servizio quel giorno e in particolare dalle 13.30 alle 13.45. Sotto pressione i capi reparto, sulle chat di whatsapp, hanno chiesto la lista delle lavoratrici che, alla fine, è saltata fuori: erano presenti in 12. «E queste - spiega ancora Urbano all'Adnkronos - sono state invitate a manifestare loro estraneità al fatto, togliendosi pantaloni e mutandine negli spogliatoi». Alla presenza di un capo reparto donna. «Non sappiamo quante lavoratrici hanno acconsentito e si sono prestate - viene fatto presente - . Ma diverse sono venute da noi a denunciare l'accaduto».
«Si tratta - rimarca Urbano - dell'ennesimo caso di vessazioni e soprusi nei confronti di lavoratrici e lavoratori del commercio che abbiamo voluto rendere pubblico. Chiediamo al gruppo Conad, che chiaramente non ha responsabilità alcuna per quanto accaduto, di intervenire. È necessario abbattere il muro di omertà dietro al quale spesso, nel settore del commercio, si nascondono titolari scorretti che restano impuniti pur mobbizzando sistematicamente i lavoratori». Il sindacato sta valutando l'dea di avviare anche azioni legali, ipotizzando la violenza privata.
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