Il Papa in sinagoga, la visita storica
"Ebrei sono nostri fratelli maggiori"

Papa Francesco in sinagoga
Papa Francesco in sinagoga
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Domenica 17 Gennaio 2016, 17:55
ROMA - Entusiasmo per la visita di Papa Francesco, al suo arrivo davanti la sinagoga di Roma, salutato da un applauso dalla folla.



Romani e molti turisti hanno immortalato l'ingresso del pontefice con i loro smartphone e tablet. Anche dall'interno della sinagoga c'era chi non ha voluto perdersi l'occasione di avere una foto del Papa sul suo telefonino. Tanti gli smartphone che si sono 'affacciatì dalle finestre aperte proprio sopra l'ingresso della sinagoga.

«È arrivato in sordina. Con il suo stile sobrio» commenta una signora non appena lo vede da lontano. «Is the Pope? Is the Pope? Fantastic!», dice una turista americana incredula di trovarsi a pochi metri dal pontefice.

Il panorama dei rapporti tra cattolici ed ebrei, «innegabilmente positivo, non deve indurre alcuno a interrompere il cammino intrapreso per raggiungere nuovi e ulteriori progressi». Lo ha detto il presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane, Renzo Gattegna, nel suo discorso durate la visita del papa in Sinagoga. In particolare, ha affermato, «ritengo necessario realizzare una strategia comune che consenta un'ampia diffusione presso tutta la popolazione, della conoscenza del grande lavoro svolto e del consolidamento dei sentimenti di rispetto reciproco di amicizia e di fratellanza che fino ad oggi sono rimasti circoscritti ai vertici religiosi e culturali; ancora circolano con frequenza pregiudizi e discorsi improntati a un disprezzo che ci offende e ci ferisce». «Guardiamo alle giovani generazioni - ha aggiunto Gattegna - con la speranza che sappiano cogliere i frutti di quanto abbiamo seminato, e molto altro, per affermare i valori del dialogo e della vita»

Applausi e tutti si alzano in piedi, compreso Papa Francesco, quando il presidente della Comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello, ha ricordato, parlando nella Sinagoga di Roma, «oggi in prima fila i nostri sopravvissuti alla tragedia della Shoah». L'incontro di oggi «dimostra che il dialogo tra le grandi fedi è possibile». ha detto ancora la Dureghello, sottolineando come la distanza tra la Sinagoga e San Pietro «seppur breve, è sembrata per secoli incolmabile».

IL RABBINO CAPO
La visita del Papa in Sinagoga è «un segnale molto forte che si oppone all'invasione e alla sopraffazione delle violenze religiose»: è quanto ha detto il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, nel saluto rivolto a Bergoglio in Sinagoga. «La triste novità dei nostri giorni è che - ha rimarcato - dopo i due secoli di disastri prodotti da nazionalismi e ideologie la violenza torna a scatenarsi alimentata e giustificata da visione fanatiche ispirate dalla religione. E di nuovo si scatenano persecuzioni religiose». Il rabbino ha proseguito sottolineando che «l'impulso distruttivo, in assenza di altri riferimenti e scuse, trova nella religione il sostegno e l'alimento». Nell'incontro in Sinagoga «accogliamo il Papa per ribadire che le differenze religiose, da mantenere e rispettare, non devono però essere giustificazione all'odio e alla violenza, ma ci deve essere invece amicizia e collaborazione e che le esperienze, i valori, le tradizioni, le grandi idee che ci identificano devono essere messe - ha proseguito - al servizio della collettività». «Dobbiamo insieme far sentire la nostra voce contro ogni attentato di matrice religiosa, in difesa delle vittime. Ma non dobbiamo essere insieme solo per denunciare gli orrori; dobbiamo - ha concluso - lavorare e collaborare nel quotidiano

IL PAPA
«Nella mia prima visita a questa Sinagoga come Vescovo di Roma, desidero esprimere a voi, estendendolo a tutte le comunità ebraiche, il saluto fraterno di pace di questa Chiesa e dell'intera Chiesa cattolica». Lo ha detto papa Francesco nel suo discorso durante la visita alla Sinagoga di Roma.
«Le nostre relazioni mi stanno molto a cuore», ha detto ancora il Papa. «Già a Buenos Aires - ha spiegato - ero solito andare nelle sinagoghe e incontrare le comunità là riunite, seguire da vicino le feste e le commemorazioni ebraiche e rendere grazie al Signore, che ci dona la vita e che ci accompagna nel cammino della storia». «Nel corso del tempo - ha aggiunto Francesco -, si è creato un legame spirituale, che ha favorito la nascita di autentici rapporti di amicizia e anche ispirato un impegno comune».

«Voi siete i nostri fratelli e le nostre sorelle maggiori nella fede». «Tutti quanti apparteniamo ad un'unica famiglia, la famiglia di Dio, il quale ci accompagna e ci protegge come suo popolo», ha affermato. «Con questa mia visita - ha ricordato Bergoglio - seguo le orme dei miei Predecessori. Papa Giovanni Paolo II venne qui trent'anni fa, il 13 aprile 1986; e Papa Benedetto XVI è stato tra voi sei anni or sono. Giovanni Paolo II, in quella occasione, coniò la bella espressione 'fratelli maggiorì, e infatti voi siete i nostri fratelli e le nostre sorelle maggiori nella fede». Nel dialogo interreligioso, ha aggiunto, «è fondamentale che ci incontriamo come fratelli e sorelle davanti al nostro Creatore e a Lui rendiamo lode, che ci rispettiamo e apprezziamo a vicenda e cerchiamo di collaborare». «E nel dialogo ebraico-cristiano - ha sottolineato il Pontefice - c'è un legame unico e peculiare, in virtù delle radici ebraiche del cristianesimo: ebrei e cristiani devono dunque sentirsi fratelli, uniti dallo stesso Dio e da un ricco patrimonio spirituale comune (cfr Dich. Nostra aetate, 4), sul quale basarsi e continuare a costruire il futuro».
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