Bando per medici in Veneto. Tra Pronto soccorso e Rianimazione liberi 291 posti ma i candidati sono 204

Lavoro, bando per assumere medici in Veneto - Foto di marionbrun da Pixabay
Lavoro, bando per assumere medici in Veneto - Foto di marionbrun da Pixabay
di Angela Pederiva
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Venerdì 13 Gennaio 2023, 09:30 - Ultimo aggiornamento: 09:39

Nel Veneto in cui mancano 1.150 medici ospedalieri, Azienda Zero è pronta ad arruolarne 154 in Pronto soccorso e 137 in Anestesia e rianimazione. Ma sul mercato non ci sono abbastanza camici bianchi per coprire i concorsi, banditi proprio per rinforzare le due tipologie di reparto che soffrono di più la carenza di personale. Per la prima specialità è idoneo alle prove un terzo dei candidati teoricamente necessari, mentre il numero degli iscritti per la seconda branca riguarda anche professionisti già dipendenti che intendono cambiare sede. Una situazione che riaccende il dibattito sulla formazione in sanità, fra la proposta di togliere il numero chiuso a Medicina e il contro-appello a garantire le risorse adeguate alla pratica.

Medici, concorsi e bandi in Veneto


Le due selezioni sono molto attese: in tutto 291 posti, ma i candidati sono 204. Per la Medicina d'emergenza-urgenza, c'è bisogno di coprire 6 carenze nell'Ulss 1 Dolomiti, 12 nell'Ulss 2 Marca Trevigiana, 22 nell'Ulss 3 Serenissima, 16 nell'Ulss 4 Veneto Orientale, 22 nell'Ulss 5 Polesana, 20 nell'Ulss 6 Euganea, 14 nell'Ulss 7 Pedemontana, 11 nell'Ulss 8 Berica, 27 nell'Ulss 9 Scaligera, 2 nell'Azienda ospedaliera di Padova e 2 nell'Azienda ospedaliera di Verona.

 

Entro la scadenza del 5 dicembre si erano iscritti in 59, ma ad avere i requisiti sono risultati in 57: se anche tutti i concorrenti venissero promossi, dunque, coprirebbero solo un terzo delle esigenze. Per l'Anestesia e rianimazione, sono a bando 3 contratti a tempo indeterminato nel Bellunese, 6 nel Trevigiano, 41 nel Veneziano, 17 nel Veneto Orientale, 18 in Polesine, 17 nel Padovano, 17 nella Pedemontana, 1 nel Vicentino, 6 nel Veronese (più 7 nel capoluogo) e 4 all'Istituto oncologico veneto. In attesa del calendario dei test, i candidati sono 147, quindi dieci in più dei posti. Ma questa eccedenza non deve indurre a facili entusiasmi.

Avverte infatti Massimiliano Dalsasso, presidente veneto di Aaroi-Emac, l'associazione degli anestesisti e rianimatori ospedalieri: «Sarei felice se ci fosse un'improvvisa inversione di tendenza, con un afflusso straordinario di specialisti nel Servizio sanitario regionale, dove questa professione è poco appetita non solo per motivi retributivi, ma anche per la difficoltà di gestione del proprio tempo a fronte di alti rischi e responsabilità. Invece dobbiamo mettere nel conto che fra i candidati ci saranno sia specializzandi, cioè studenti del terzo, quarto e quinto anno che possono essere assunti grazie all'ex decreto Calabria, sia dipendenti di altre aziende, che magari vogliono avvicinarsi a casa ma si vedono negare la mobilità proprio a causa della carenza di personale, per cui puntano a vincere il concorso per realizzare il trasferimento, ovviamente però lasciando scoperti i relativi posti nelle Ulss di provenienza. Ben venga comunque il concorso, pur nella consapevolezza che fra uscite per pensionamento e tempi di formazione, non riusciremo a raggiungere un minimo equilibrio prima del 2026».

La riflessione arriva nelle ore in cui torna d'attualità il superamento del numero chiuso per la facoltà di Medicina, a cui si accompagna il contingentamento delle borse per l'accesso alle successive scuole di specializzazione. Il ministro forzista Anna Maria Bernini ha istituito con decreto un gruppo di lavoro per definire il fabbisogno dei medici: «Abbiamo la necessità di adeguare le capacità e l'offerta potenziale del sistema universitario».

Plauso del governatore leghista Luca Zaia: «Non è da ieri, ma da molti anni che continuo a denunciare i problemi causati dal numero chiuso per l'accesso alla facoltà di Medicina. Questo Governo, finalmente, dà un segnale concreto che interrompe il nulla di fatto». Apprezzamento anche da Carlo Rienzi, presidente del Codacons: «I test di accesso servono oramai solo a riempire le casse degli atenei e sono dannosi per il Paese e per il sistema sanitario, dal momento che in Italia si assiste da tempo ad una grave carenza di medici». Avverte però Dalsasso: «Bisogna fare attenzione a due problemi. Il primo è che non serve laureare un grandissimo numero di medici, se poi non si garantisce loro una pari quantità di posti nelle scuole di specialità. In secondo luogo, non basta riempire le aule per svolgere le lezioni di teoria: un medico si deve formare sul campo, frequentando l'ospedale e apprendendo la pratica dai maestri. Per imparare a fare la diagnosi, ad effettuare un intervento chirurgico, ad erogare la cura, occorrono strutture, ambulatori, sale operatorie, docenti che stanno in corsia: li abbiamo?».

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