La cannabis può causare perdita
di memoria, uno studio spiega perché

La cannabis può causare perdita di memoria, uno studio spiega perché
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Giovedì 10 Novembre 2016, 12:11 - Ultimo aggiornamento: 12:31
ROMA - Quello che finora è sempre stato un forte sospetto ora diventa una certezza: la cannabis può causare la perdita di memoria. A dimostrarlo uno studio, pubblicato su Nature condotto da ricercatori francesi e spagnoli che si sono avvalsi della collaborazione di centri italiani e canadesi.

L'equipe, diretta da Giovanni Marsicano dell'università di Bordeaux, ha infatti analizzato cosa accade quando le sostanze come la cannabis e i cannabinoidi, utilizzati anche in medicina con finalità terapeutiche, interagiscono con le cellule del nostro cervello. I ricercatori non solo hanno trovato la conferma che la cannabis può causare perdita di memoria, ma ne hanno anche individuato le probabili cause.

Lo studio è partito analizzando ciò che accade ai mitocondri dei neuroni, che sono i responsabili della somministrazione di energia alle cellule cerebrali. Le sostanze come la cannabis interagiscono con recettori di tipo 1, noti anche come CB1 e localizzati nelle terminazioni nervose dei neuroni, e possono disturbare la trasmissione di messaggi tra le varie cellule e provocare così episodi di leggere amnesie. L'interferenza, in questo modo, arriva fino all'ippocampo, la zona responsabile della memoria.

In che modo avviene questo disturbo da parte della cannabis? Risposta molto semplice, secondo i ricercatori: «Quando si attivano i recettori CB1 si riduce la respirazione delle cellule, e questo avviene non solo nel cervello, ma anche negli altri organi, come il cuore, e nei muscoli. Quello che avviene sono vere e proprie disfunzioni mitocondriali, che se croniche possono portare a malattie degenerative, alzheimer e ictus». Per questo motivo gli autori dello studio hanno anche consigliato: «Occorre essere realisti nell'analizzare il rapporto rischio-beneficio di alcune sostanze terapeutiche, come la cannabis. L'alternativa è cercare di svilupparne varianti diverse, producendo nuovi tipi di cannabinoidi più sicuri».