Nessun dorma: chat, email
e tv accesa causano insonnia

Nessun dorma: chat, email e tv accesa causano insonnia
di Mario Fabbroni
2 Minuti di Lettura
Martedì 5 Giugno 2018, 05:01 - Ultimo aggiornamento: 11:11
Non si dorme più, soptrattutto di notte. Non solo in Italia e non tanto per i cosiddetti pensieri cher possono affligere la mente, quanto per tutta una serie di fattori legati al progresso e alla connessione digitale collettiva che però stanno gettando in uno stato catatonico milioni di persone ad ogni latitudine del globo.



Già perché la colpa dell'insonnia dilagante è sempre più da attribuire a mail che arrivano ad ogni ora del giorno e della notte, chat inesauribili, tv accesa in camera da letto, turni serali e perfino jet lag causato dai continui spostamenti legati al lavoro. Più di un adulto su tre - in tutto il mondo - si trova quindi a fare i conti con serissimi problemi di sonno. Ebbene, secondo un nuovo studio pubblicato su Sleep, il sonno insufficiente provoca problemi di salute, ma anche importanti costi economici.

Sondaggi recenti suggeriscono che il problema è in preoccupante aumento. Un'epidemia che si registra un pò in tutti i Paesi avanzati: circa il 35% degli adulti statunitensi non totalizza le 7 ore di sonno raccomandate per notte. Il 30% dei canadesi ammette di non dormire abbastanza, come pure il 37% degli abitanti del Regno Unito, il 28% di quelli di Singapore e il 26% dei francesi e degli italiani. Il sonno insufficiente è associato a calo di attenzione e incapacità di rimanere concentrati; motivazione ridotta; risoluzione dei problemi compromessa; confusione, irritabilità e vuoti di memoria; comunicazione compromessa; elaborazione e giudizio delle informazioni rallentati o difettosi; diminuzione dei tempi di reazione; indifferenza e perdita di empatia. Inoltre, dormire poco e male aumenta il rischio di attacchi di cuore, ictus, ipertensione, obesità, diabete e depressione.

Conseguenze che costano caro anche sotto il profilo sociale ed economico, con perdite miliardarie per assenze al lavoro, bassa produttività e costi sanitari diretti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA