Nel luglio 2016 Pesce si era sottratto ad un provvedimento di fermo emesso dalla Dda nell'ambito dell'operazione Vulcano condotta dalla Guardia di finanza. L'uomo è stato individuato in un'abitazione nella zona marina di Gioia Tauro. Grazie ad attività tecnica ed alle conoscenze del territorio, i carabinieri lo hanno bloccato in un appartamento dove, verosimilmente, si era recato per incontrare la compagna e i figli.
Pesce, nel momento dell'irruzione dei militari, ha tentato di disfarsi di una pistola lanciandola dalla finestra dell'abitazione. L'arma, subito recuperata dai carabinieri, è risultata essere una pistola semiautomatica in ottimo stato e perfettamente efficiente, completa di caricatore e relativo munizionamento, oggetto di un furto compiuto a Civitanova Marche nel 2015. L'uomo, poi, non ha opposto resistenza. Antonino Pesce, in seguito anche all'arresto di altri familiari, è ritenuto dagli investigatori il reggente dell' omonima cosca e colui che si occupava dell'approvvigionamento delle risorse finanziarie, in particolare gestendo l'attività di importazione di cocaina dal Sudamerica e curando l'esfiltrazione della droga importata da altri e stoccata in container sbarcati nel porto di Gioia Tauro.
Pesce amministrava le risorse finanziarie e le distribuiva ai vertici della cosca detenuti ed ai loro familiari.
Inoltre Pesce curava i rapporti con le altre cosche, in particolare quella dei Bellocco e dei Molè. In generale, secondo gli investigatori, svolgeva le funzioni di organizzatore e promotore della cosca. Nel corso dell'operazione è stato arrestato anche, per favoreggiamento personale, Tonino Belcastro, di 53 anni, già noto alle forze dell'ordine, proprietario dell'abitazione in cui è stato sorpreso il latitante e presente al momento dell' irruzione dei carabinieri.