Alain Touraine è morto a Parigi. Il sociologo aveva 97 anni: figura di spicco della scena intellettuale internazionale, celebre teorico della società postindustriale. L'annuncio della scomparsa è stato dato dalla famiglia al quotidiano «Le Monde». Touraine si è occupato prevalentemente di sociologia industriale e in particolare dei livelli di «coscienza» della classe operaia, nonché dei «movimenti sociali» ed ha, inoltre, prodotto importanti contributi alla teoria dell'azione sociale. Era nato il 3 agosto 1925 a Hermanville-sur-me. Direttore di ricerca presso l'École des hautes études en sciences sociales di Parigi, di cui era professore emerito, Touraine è stato tra i più grandi e influenti sociologi contemporanei. Autore di oltre quaranta pubblicazioni, ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, tra i quali la Légion d'honneur nel 2014. Dai primi lavori sul campo nelle fabbriche Renault agli ultimi testi sulle metamorfosi del capitalismo «speculativo», Touraine non ha mai smesso di osservare il mondo sociale, i suoi profondi cambiamenti, le sue nuove linee di faglia, le sue risorse di indignazione e libertà.
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In Italia i suoi libri più importanti sono stati pubblicati da Il Saggiatore: «Critica della modernità» (1997), «Come liberarsi del liberismo» (2000), «Libertà, uguaglianza, diversità» (2002), «La ricerca di sé» (2003), «La globalizzazione e la fine del sociale» (2008), «Noi, soggetti umani.
Nella sua formazione Touraine ha risentito soprattutto della lezione di Max Weber e dell'influenza della scuola storica francese delle Annales (Lucien Febvre e Fernand Braudel). Ha insegnato in America Latina, Stati Uniti, Canada e all'Università di Parigi-Nanterre (1966-69); è stato infine dal 1970 direttore di ricerca all'École pratique des hautes études di Parigi.
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