Mangiare tanto senza ingrassare, studio
svela da dove arriva questa "fortuna"

Mangiare tanto senza ingrassare, uno studio svela da dove arriva questa «fortuna»
Mangiare tanto senza ingrassare, uno studio svela da dove arriva questa «fortuna»
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Mercoledì 4 Settembre 2019, 16:52 - Ultimo aggiornamento: 17:08

Quante persone conosciamo magre e che mangiano davvero di tutto, ma senza mai ingrassare? Certamente parecchie, e le invidiamo per la loro fortuna di essere senza in forma senza rinunciare a nulla. Un nuovo studio spiega ora il motivo di questa "dote", che dipende dalle cellule adipose geneticamente più efficienti nelle persone naturalmente magre.

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La ricerca è stata pubblicata dall'American Journal of Clinical Nutrition ed è stata eseguita dal team dell'istituto Nestlè di scienze della salute: nello stomaco, ha evidenziato lo studio, queste cellule sono circa la metà della taglia rispetto a quelle di chi ha un peso nella media e hanno più energia per scomporre i grassi.

Il team ha analizzato 30 uomini e donne che rimanevano molto magri, con un indice di massa corporea di 18,5 o inferiore. I partecipanti non avevano disordini alimentari e mangiavano e facevano attività fisica in modo normale. È stata prelevata loro una piccola quantità di grasso dallo stomaco per poterlo analizzare, insieme a campioni di sangue, urine e feci. I ricercatori hanno scoperto che le cellule adipose delle persone magre avevano espressioni anormalmente elevate di geni coinvolti sia nella scomposizione che nella produzione di grasso. Le cellule adipose delle persone magre erano più piccole del 40% rispetto a quelle delle persone di peso normale.

I risultati hanno anche mostrato che queste cellule avevano mitocondri più attivi, parti che utilizzano energia per spingere le cellule stesse a scomporsi e rinnovarsi. Poiché i mitocondri lavorano a un livello più elevato, le cellule adipose scompongono e ricostruiscono molecole in modo più efficiente: questo potrebbe spiegare anche perché le persone naturalmente magre sono resistenti all'aumento di peso. I risultati potrebbero per i ricercatori aprire nuove strade a trattamenti per l'obesità.

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