Suicida dopo la morte dell'amico:
«Non aveva superato il trauma»

Suicida dopo la morte dell'amico: «Non aveva superato il trauma»
di Francesco Faenza
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Domenica 4 Giugno 2017, 07:00 - Ultimo aggiornamento: 09:59
EBOLI - Domani sarebbe partito con il padre nel camper, parcheggiato sotto casa. Direzione Veneto, a trovare un fratello. Ieri mattina, però, Giuseppe Rossini si è svegliato presto, è sceso in garage e si è impiccato. 
Aveva 33 anni, viveva in località San Cataldo, nelle cooperative collinari riservate alle forze dell’ordine. Il papà, Pasquale, è un carabiniere in pensione. Sceso di casa alle 9,30, Pasquale ha sollevato la saracinesca e ha trovato il figlio impiccato. Aiutato da un commerciante, ha tentato un disperato massaggio cardiaco. Ma Giuseppe non si è ripreso. Il papà ha chiamato i medici del 118. 
Nemmeno l’arrivo dei soccorritori è servito. I sanitari hanno tentato di rianimarlo, ma Giuseppe era morto. Alle 10,10, dopo quaranta minuti di operazioni disperate, i camici bianchi hanno dichiarato la sua morte. Il 33enne lascia la mamma, un fratello e una sorella. 
Giuseppe non ha scritto un biglietto di addio, nè ha spiegato il suo gesto. A San Cataldo sono giunti vigili urbani e carabinieri. La salma è stata sequestrata dal capitano Geminale e dal maresciallo Garrisi. Alle undici di ieri, il medico legale Mastrangelo ha effettuato l’esame esterno sulla salma, confermando la morte per asfissia. Nessun dubbio sul suicidio. Restano da capire i motivi del drammatico gesto. Amici e parenti del ragazzo hanno una spiegazione. È un’ipotesi da dimostrare. Nell’estate del 2006, Giuseppe fu protagonista di un incidente mortale. Era in auto con un amico, Vincenzo Grimaldi. I due ragazzi persero il controllo dell’auto, andarono a sbattere contro un muro, in località Angona. Grimaldi perse la vita quella notte, Rossini fu trasferito in ospedale in prognosi riservata. Riportò danni gravi alla schiena, in particolare a un rene, iniziò un lungo periodo di riabilitazione e poi la dialisi. La sua vita cambiò.
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