A parlare dei maltrattamenti era stata una delle figlie, che aveva confidato a un'insegnante: «piuttosto che tornare a casa, mi uccido». Il pm Dionigi Tibone aveva chiesto cinque anni di reclusione per il padre e tre anni e sei mesi per la madre, che non solo non si era mai opposta alle violenze, ma segnalava al marito le 'malefatte' dei ragazzini.
Stando alla ricostruzione dell'accusa, i bambini la pregavano di non avvertire il papà «che dava le botte». «Nella mia lunga carriera ho affrontato pochi casi così gravi», aveva spiegato in aula il magistrato. «I genitori - che hanno sempre rigettato ogni accusa - non hanno mai chiesto scusa, non si sono mai fermati a riflettere sui loro errori.
Non hanno capito il danno che hanno fatto ai loro figli, oggi psicologicamente distrutti».