Niente prove scritte, ma solo una prova orale: gli esami di maturità partiranno a metà giugno e non ci sarà una tesina, ma un elaborato ampio, ha fatto sapere il neoministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi, che ha confermato al Corriere della Sera le indiscrezioni circolate da giorni. Il maturando partirà da un elaborato ampio e personalizzato sulle materie di indirizzo, concordandolo con il consiglio di classe; da qui comincerà l'orale che si svilupperà poi sulle altre discipline. L'ammissione agli esami sarà disposta in sede di scrutinio finale dal Consiglio di classe.
«No tesina ma elaborato ampio»
«Non voglio sentir parlare di tesina. I maturandi sono ragazzi e ragazze alla fine del loro percorso scolastico di cinque anni: dovranno preparare un elaborato ampio, personalizzato, sulle materie di indirizzo concordandolo con il consiglio di classe. Da qui comincerà l'orale che si svilupperà poi anche sulle altre discipline», ha detto Bianchi al Corriere. L'ammissione all'esame «sarà disposta in sede di scrutinio finale, dal consiglio di classe». «Purtroppo la pandemia ha esasperato i problemi di diseguaglianza che erano già gravi - osserva - ha mostrato come nel nostro Paese ci siano situazioni molto differenti. E io voglio ripartire dal Sud che è la zona più in difficoltà perché per rilanciare il sistema si comincia da chi ha più problemi, da chi è più debole».
Sul rientro in classe per tutti il neo ministro osserva: «Dobbiamo essere molto cauti perché la sfida del virus è ancora alta.
«C'è un gap molto forte, è vero. Ma noi ci diamo questo obiettivo, ne ho parlato anche con il ministro Colao, bisogna che il sistema sia digitalizzato ed efficiente. Qui al ministero abbiamo già avviato un monitoraggio delle scuole». La prima riforma da fare è «quella dell'istruzione tecnica, dagli istituti professionali agli Its di cui dobbiamo ridisegnare i percorsi. Ma io sogno per i ragazzi un percorso scolastico che parte dai tre anni e arriva fino alla fine della laurea triennale, perché solo così colmeremo il gap per i giovani del nostro Paese». Il liceo in quattro anni è «una questione di cui si può discutere, ma non è la priorità».
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