Emocromatosi, la malattia che uccise Beethoven: linee guida europee e salassi come terapia

Emocromatosi, la malattia che uccise Beethoven: linee guida europee e salassi come terapia
Emocromatosi, la malattia che uccise Beethoven: linee guida europee e salassi come terapia
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Lunedì 18 Luglio 2022, 16:21

L'emocromatosi è una patologia misteriosa perché poco nota, sebbene più diffusa di quanto si possa pensare. Molto frequente nei Paesi del Nord Europa, dove viene chiamata "maledizione celtica". Ne hanno sofferto anche celebrità come Beethoven: il decesso del grande compositore sarebbe, per alcuni, da attribuire ad una cirrosi epatica, determinata da un mix di emocromatosi e alcol. Negli ultimi anni si sono accumulate conoscenze su questa malattia antica. Per questo la European Association for the Study of the Liver (Easl) ha incaricato un panel di esperti internazionali di aggiornare le linee guida sull' emocromatosi, ferme alla versione 2010. Tra gli esperti che hanno preso parte alla stesura delle linee guida 2022, Elena Corradini, docente di Medicina interna all'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, nonché componente del Consiglio direttivo della Società italiana di medicina interna (Simi), per la sezione Emilia Romagna-Marche. L' emocromatosi è una malattia genetica che porta l'organismo ad assorbire troppo ferro e ad accumularlo in una serie di organi (fegato, pancreas, ipofisi, articolazioni, cuore, ecc) che ne vengono progressivamente danneggiati.

Emocromatosi, si ammala 1 persona su 2.000

In Italia interessa circa 1 persona su 500 abitanti in alcune aree del Nord e 1 su 2000-3000 abitanti nel Centro-Sud.

I maschi sono colpiti 4 volte più delle femmine. «Il primo punto che abbiamo aggiornato in questa nuova versione - spiega Corradini - è la definizione stessa di emocromatosi, che nelle nuove linee guida è: 'una malattia di origine genetica caratterizzata da un aumento della saturazione della transferrina e da un progressivo sovraccarico di ferro (soprattutto nel fegato), in assenza di anemia o reticolocitosì. Questa nuova definizione mette in luce che, alla base di questa malattia, c'è un deficit di sintesi o di funzione dell'epcidina, un ormone prodotto dal fegato, implicato nella regolazione del metabolismo del ferro (ne regola l'assorbimento dall'intestino e ne controlla il rilascio nel sangue da parte delle cellule che si occupano di riciclare il ferro che deriva dai globuli rossi invecchiati)».

La transferrina alta è il primo segnale

Il primo campanello d'allarme per la diagnosi di questa malattia compare nelle analisi del sangue ed è un'aumentata saturazione della transferrina, la proteina che trasporta il ferro al midollo osseo e a tutti i tessuti. Un'altra spia molto importante per il medico nelle analisi del sangue è l'aumento della ferritina. Per la diagnosi, dunque, basta un semplice prelievo di sangue, ma è importante sospettare la presenza di questa condizione, magari sulla base di analisi del sangue di routine che rivelino un aumento della sideremia, della saturazione della transferrina e della ferritina in presenza di un emocromo normale. Anche in caso di segni di malattia del fegato, riscontrati in esami del sangue, esami strumentali o visitando il paziente, è indicato inserire fra le indagini diagnostiche l'assetto marziale completo.

Salassi ripetuti come terapia

Le prime manifestazioni cliniche sono stanchezza, affaticabilità e dolori articolari (soprattutto a carico di secondo e terzo dito delle mani, caviglie, polsi, anche). Il danno al fegato può rimanere asintomatico per molti anni. Nel tempo possono comparire una colorazione bronzina della pelle e i sintomi delle alterazioni endocrine. «Il nostro scopo - sottolinea Corradini - è però quello di fare diagnosi in fase preclinica, quando sono presenti solo le alterazioni delle analisi del sangue». Per la cura «non ci sono per ora grandi novità in questo campo - conclude Corradini - terapia di prima linea in questi pazienti rimane dunque affidata ai salassi ripetuti, questa pratica presenta poche controindicazioni ed effetti collaterali ed è efficace nel prevenire il danno d'organo e addirittura farlo tornare indietro. Sono tuttavia in corso dei trial clinici che prevedono l'utilizzo di epcidina sintetica o di epcidino-mimetici per supplementare il paziente con l'ormone deficitario nell' emocromatosi. Ma ci vorrà ancora tempo prima che arrivino alla pratica clinica». 

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