Emanuela Orlandi, Vaticano choc. La famiglia: «Ora vogliamo sapere come sono state trovate le ossa»

Emanuela Orlandi, Vaticano choc. La famiglia: «Ora vogliamo sapere come sono state trovate le ossa»
Emanuela Orlandi, Vaticano choc. La famiglia: «Ora vogliamo sapere come sono state trovate le ossa»
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Mercoledì 31 Ottobre 2018, 10:04 - Ultimo aggiornamento: 18:42

Emanuela Orlandi, le ossa ritrovate in un locale annesso alla sede della Nunziatura apostolica che potrebbero appartenere anche a più di una persona riaprono il caso della 15enne scomparsa nel 1983 e mai più ritrovata. Il giorno seguente alla notizia di quelle che potrebbero essere le ossa di Emanuela Orlandi o Mirella Gregori, scomparsa in circostanze analoghe e a breve distanza, la famiglia Orlandi chiede chiarezza.

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«Chiederemo alla Procura di Roma e alla Santa Sede in che modalità sono state trovate le ossa e come mai il loro ritrovamento è stato messo in relazione con la scomparsa di Emanuela Orlandi o Mirella Gregori. Il bollettino emesso ieri sera dalla Santa Sede fornisce poche informazioni». Lo ha detto Laura Sgrò, legale della famiglia di Emanuela Orlandi, la ragazza scomparsa a Roma nel 1983, in riferimento al ritrovamento di ossa in un locale annesso alla sede della Nunziatura apostolica di via Po, a Roma.
 

 

Se si riuscirà ad estrarre il Dna dai resti trovati nella sede della nunziatura vaticana basteranno 7-10 giorni per capire se sono effettivamente quelli di Emanuela Orlandi. Lo afferma Giovanni Arcudi, direttore della Medicina Legale dell'università Tor Vergata di Roma, secondo cui altrimenti gli esami potrebbero richiedere tempi più lunghi. «L'estrazione del Dna e le analisi conseguenti, come il confronto con quello della persona a cui si sospetta appartengano i resti o i familiari, non richiedono molto tempo, si possono fare in 7-10 giorni - spiega l'esperto -. Non sempre però si riesce a ricavare del materiale genetico utilizzabile, dipende sempre da come sono conservati i resti, e anche da che tipo di ossa abbiamo. Dai denti ad esempio si ricava bene, e anche dalle vertebre, ma ad esempio la conservazione in luogo asciutto o umido ha una grande influenza sulla possibilità di estrarre un Dna 'pulitò». In assenza del Dna, spiega Arcudi, si ricorre agli esami sulle ossa. «Questi richiedono più tempo, ogni singolo frammento viene valutato e misurato. Potenzialmente anche da questi esami si può sapere molto, dall'età alla statura al sesso, oltre alla presenza di lesioni ossee che possono essere confrontate con quelle della persona sospettata. Dalla degradazione dell'osso si può anche stimare da quanto tempo i resti si trovavano nel luogo del ritrovamento, con una approssimazione di almeno 10-20 anni».

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