Il militare napoletano indagato si difende
"Sono innocente, voglio anche io la verità"

Il militare napoletano indagato si difende "Sono innocente, voglio anche io la verità"
di Rosa Palomba
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Lunedì 28 Settembre 2015, 09:32 - Ultimo aggiornamento: 19:55
SOMMA VESUVIANA - Un trasferimento improvvisato. Una domenica mattina di sole e di stress, proprio durante un periodo di ferie.





Di corsa da una casa all’altra, per sfuggire all’assedio mediatico e «liberare» l’ingresso della casa che condivide con i suoi familiari. Giosuè Ruotolo ammette di essere frastornato. Da poche ore ha ricevuto un avviso di garanzia che come una bomba lo coinvolge pesantemente nel giallo di Pordenone.

Potrebbe essere perfino lui la svolta del mistero sul duplice omicidio di Trifone Ragone, 28 anni, e della sua fidanzata Teresa Costanza, 30 anni, uccisi nel parcheggio del palazzetto dello sport di Pordenone il 17 marzo del 2014.



«Non so perché sono coinvolto in questa vicenda», ha detto Ruotolo ieri mattina. La barba ben curata, l’aspetto atletico e rilassato di chi si sta riposando proprio qui, nella sua città di Somma Vesuviana a un passo da Sant’Anastasia, a poche decine di chilometri da Napoli.



Una palazzina ordinata in un contesto discreto e silenzioso: ieri pomeriggio, Giosuè Ruotolo è stato accompagnato dal fratello in un appartamento poco distante dalla casa di famiglia. Così i suoi parenti non saranno costretti ad affrontare i curiosi, i giornalisti, e forse nemmeno gli investigatori. Per il caporalmaggiore in forza a Pordenone, collega e coinquilino di Ragone si annunciano giorni pesanti: è l’unico indagato per la morte del militare-culturista e della sua bella ragazza Teresa.



«Per quella tragica sera non ho un alibi - ha detto Ruotolo - ma questo non vuol dire che sono colpevole. Quella vicenda mi ha distrutto per mesi. Ho portato a spalla la bara di Trifone perché mi sembrava giusto farlo. Eravamo amici oltre che colleghi - aggiunge - Voglio anch’io la verità».

E la verità potrebbe emergere con la Beretta 7,65 trovata nel laghetto vicino al luogo del delitto, più o meno dove la sera del duplice omicidio sarebbe stata vista un’auto molto simile a quella dell’indagato.
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