Covid, inchiesta sull'appalto mascherine: maxi-sequestro da 70 milioni, si indaga su rapporti con Arcuri

Covid, inchiesta sull'appalto mascherine: maxi-sequestro da 70 milioni, si indaga su rapporti con Arcuri
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Mercoledì 17 Febbraio 2021, 14:21

Immobili e beni di lusso per circa 70 milioni sono in corso di sequestro da parte del Nucleo Valutario della Gdf di Roma nell'ambito dell'inchiesta romana sulle mascherine. In particolare, a quanto apprende l'Adnkronos, le Fiamme gialle, oltre a immobili e rapporti bancari, starebbero sequestrando orologi, moto, auto e imbarcazioni. Ad essere indagate 8 persone in concorso tra loro per i reati di traffico di influenze illecite (aggravato dal reato transnazionale) oltre che, a vario titolo, di ricettazione, riciclaggio e auto-riciclaggio.

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Le indagini riguardano gli affidamenti, per un valore complessivo di 1,25 miliardi di euro, effettuati dal Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 a favore di tre consorzi cinesi per l’acquisito di oltre 800 milioni di mascherine di varie tipologie, effettuate con l’intermediazione, non contrattualizzata dalla struttura commissariale, di alcune imprese italiane, cioè la Sunsky srl di Milano, la Partecipazioni spa, la Microproducts It srl e la Guernica srl di Roma.

Le quattro società sono inserite nel decreto di sequestro preventivo d'urgenza.

A fronte dell'attività di intermediazione e dei connessi affidamenti, le società hanno percepito commissioni per decine di milioni di euro dai consorzi cinesi risultati affidatari delle forniture dei dispositivi di protezione individuale (in particolare, mascherine chirurgiche, nonché del tipo Ffp2 e Ffp3).

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I finanzieri hanno sottoposto a sequestro le quote societarie della Guernica srl, disponibilità finanziarie, polizze assicurative, immobili a Roma, Pioltello (Milano) e Ardea (Roma), auto e moto di lusso, gioielli e orologi di pregio nonché uno yacht, il tutto per un valore complessivo stimabile in circa 70 milioni di euro. Le misure cautelari reali riferite alle citate società sono state emesse anche in relazione all’illecito amministrativo in materia di responsabilità amministrativa degli enti dipendenti da reato.

PM

Sono stati 1.280 i contatti telefonici tra il giornalista in aspettativa Mario Benotti e il commissario straordinario per l’emergenza Coronavirus Domenico Arcuri, tra gennaio e il 6 maggio 2020. E’ quanto emerge dall’inchiesta della Procura di Roma sulle maxi commesse delle mascherine comprate dalla Cina quando il nostro Paese è stato investito dalla prima ondata di pandemia da coronavirus. Contatti “giornalieri (tra telefonate e sms) - si legge nel decreto – nei mesi di febbraio, marzo e aprile: a conferma di un’azione di mediazione iniziata ben prima del 10 marzo 2020. Dal 7 maggio, invece, nessun contatto; circostanza confermata dal servizio di intercettazione telefonica avviato il 30 settembre 2020, che non ha captato alcuna comunicazione tra le due utenze; ciò benché tanto la cordata Benotti/Tommasi, quanto il Solis Sorge abbiano insistentemente ricercato il rapporto con Arcuri, avendo intenzione di proporgli nuovi affari (dai tamponi rapidi, ai guanti chirurgici, a nuove forniture di mascherine)”.

“E’ significativa la conversazione del 20 ottobre 2020 alle ore 8,15 – si legge nel decreto – che, sul tema, Benotti tiene con Daniela Guarnieri, cui confida la sua frustrazione per essersi Arcuri sottratto all’interlocuzione, e il timore che ciò potesse ritenersi sintomatico di una notizia riservata su qualcosa che ‘ci sta per arrivare addosso’”.

“Il primo contratto di fornitura è stato stipulato il 25 marzo, quando la struttura commissariale ancora non esisteva, almeno ufficialmente; ed è sottoscritto dal fornitore cinese il 26 marzo” scrivono i pm capitolini che sottolineano “alcuni evidenti difetti di conseguenzialità cronologica”. I magistrati evidenziano “l’informalità con la quale si è proceduto rispetto ad accordi che devono essere intercorsi tra le parti in gioco, prima del 10 marzo e dunque ben prima del lockdown nazionale, dichiarato il 9 marzo. In quel momento nessuna norma consentiva ancora deroghe al codice dei contratti, poiché tale liberatoria sarebbe stata prevista soltanto con il decreto Cura Italia. Allo stesso tempo – si legge - evidentemente, vi era già un concerto sui passi legislativi e amministrative da compiere e i ‘facilitatori’ stavano tessendo le relazioni che avrebbero loro consentito i suddetti lauto guadagni”.

Il decreto

“Si delinea la nascita di un comparto organizzato per la conclusione di un lucroso patto (occulto) con una pubblica amministrazione; un 'comitato d'affari', nel quale ognuno dei partecipi ha messo a servizio del buon esito della complessa trattativa la propria specifica competenza, ricevendone tutti un lauto compenso per l'opera di mediazione compiuta: Benotti verso Tommasi (unitamente al suo socio Guidi) e Jorge Solis e, tutti, verso il fornitore cinese". E’ quanto si legge nel decreto di sequestro preventivo d’urgenza nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Roma sulle maxi commesse.

“Le intercettazioni hanno dimostrato l'esistenza di un accordo tra Andrea Vincenzo Tommasi e quello che quest'ultimo definisce il suo 'partner nell'affare delle mascherine', Daniele Guidi – si legge – nonché tra il duo Tommasi/Benotti e Jorge Solis, per la migliore conclusione dell'affare in discorso. Le conversazioni captate portano a ritenere che mentre Tommasi e Guidi hanno curato l'aspetto organizzativo e, in particolare, i numeri voli aerei necessari per convogliare in Italia un quantitativo così ingente di dispositivi di protezione, compiendo i necessari investimenti, Jorge Solis sia stato in possesso del necessario contatto con la Cina e sia stato conoscitore delle specifiche del prodotto, tali da renderlo funzionali all'uso”.

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