Aumentano i casi di disturbi psichiatrici per effetto della pandemia, aumenta la domanda di assistenza specialistica ma diminuisce (drasticamente nei prossimi 2 anni) il numero degli psichiatri italiani in servizio. Saranno addirittura 1.000 in meno, tra pensionamenti e dimissioni.
Paradosso tutto italiano anche quello dei fondi destinati alle cure e al funzionamento del comparto della salute mentale: zero nel Pnrr, in picchiata quelli erogati dal Fondo sanitario nazionale (erano il 3,5% nel 2018, crollati fino al 2.75% nel 2020).
Insomma, la situazione è drammatica.
Si va quindi verso «l'impossibilità di garantire i servizi minimi in un settore in ginocchio già prima della pandemia». Gli investimenti, spiegano gli psichiatri, che «sarebbero dovuti crescere almeno fino al 5% del fondo sanitario nazionale, per raggiungere l'obiettivo del 10% indicato in sede comunitaria per i Paesi ad alto reddito. Invece, piano piano, stanno sparendo. Questo «impoverimento dei servizi pubblici - rileva Massimo di Giannantonio, presidente della Società Italiana di Psichiatria - ormai sotto la soglia della sopravvivenza, fa sì che si riducano anche le possibilità di intervento precoce, mettendo in seria difficoltà le attività di prevenzione».
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