Green Pass, si va verso l’obbligo ai dipendenti pubblici. Ma è scontro sulla scuola

Green Pass, verso l obbligo ai dipendenti pubblici. Scontro sulla scuola
​Green Pass, verso l’obbligo ai dipendenti pubblici. Scontro sulla scuola
di Lorena Loiacono e Francesco Malfetano
5 Minuti di Lettura
Martedì 24 Agosto 2021, 09:17

Non accennano a placarsi le polemiche sull’uso del Green pass nelle mense aziendali e nelle scuole. Anzi, a una settimana dal ritorno in classe degli studenti italiani e mentre prosegue la graduale ripresa dell’attività lavorativa dopo Ferragosto, paiono aumentare le distanze tra le posizioni di dipendenti, imprese, sindacati e governo. 

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Un ginepraio di rivendicazioni in cui proprio l’esecutivo valuta di intervenire, non solo per chiarire i dubbi relativi agli operatori scolastici, ma anche per ribadire come - al netto delle richieste dei sindacati - «l’obbligo vaccinale resta l’extrema ratio». Come spiega una fonte governativa infatti, «decisamente non siamo ancora a quel punto», anzi «spingiamo per un’applicazione seria del Green pass, per i giusti controlli e magari per una sua estensione». 
In altri termini non è affatto escluso che nei prossimi giorni si inizi a ragionare sull’ulteriore ampliamento dei campi di utilizzo della certificazione verde, in modo da renderla obbligatoria per diverse categorie di lavoratori. In particolare la misura potrebbe riguardare «tutte quelle attività dove c’è da garantire la continuità di un servizio, per esempio gli operatori del Trasporto pubblico locale, i dipendenti dei supermarket e dei servizi essenziali ovvero quelli sono stati operativi durante il lockdown» spiega il sottosegretario alla Salute Andrea Costa. «Ma - insiste - anche i dipendenti degli uffici comunali e pubblici che dovranno tornare alla normalità e in presenza: hanno la responsabilità di garantire un servizio al Paese e a contatto con il pubblico». 

Anche per quanto riguarda il ritorno in aula, a tenere banco sono le polemiche dei sindacati sul pass obbligatorio e le incertezze su come funzioneranno i controlli.

Un aspetto quest’ultimo su cui è al lavoro il ministero dell’Istruzione. L’idea è riuscire a fornire alle scuole, senza violare alcuna normativa sulla privacy, una lista del personale provvisto di certificazione verde (differenziando tra vaccinati, guariti o testati) al fine di alleggerire la mole di verifiche da effettuare sui docenti ogni giorno. In questo modo infatti i controlli giornalieri o comunque periodici potrebbero concentrarsi solo sulla parte del personale, circa il 10%, che ha un Green pass “breve” da rinnovare tramite tampone ogni 48 ore: tra questi ci sono i no vax e i “fragili” che non possono vaccinarsi e che avrebbero il tampone gratuito. 

«In queste ore - ha assicurato ieri il ministro Bianchi - stiamo lavorando sulla gestione del Green pass da parte delle scuole: c’è stata una riunione tecnica fra il ministero dell’istruzione e quello della salute e siamo in contatto anche con il garante della Privacy». 

Intanto oggi proprio a viale Trastevere è previsto un incontro tra il ministro e i sindacati della scuola che hanno firmato il protocollo sulla sicurezza. Lo stesso documento che, poche ore dopo, con una precisazione del ministero ha scatenato una bufera di polemiche. I sindacati hanno chiesto che il tampone per i non vaccinati sia gratuito per chiunque, tra il personale scolastico, ne abbia bisogno per lavorare ma il ministero ha chiarito che sarà gratuito solo per i “fragili”. Non per i no vax, che invece scelgono di non farlo. 

Una differenza che ha messo in allarme i sindacati che, quindi, ora dovranno chiarire la questione con il ministro. E non è una questione di poco conto perché quei circa 185 mila, tra docenti e non docenti ancora senza vaccino, se non provvedono ad ottenere il Green pass con il tampone, non potranno entrare a scuola e saranno considerati assenti ingiustificati. E quindi saranno sospesi dopo il quarto giorno di assenza: dal quinto in poi, infatti, restano a casa senza stipendio. 

I sindacati

La questione è delicata e tra i sindacati c’è chi dichiara di voler ritirare la firma dal protocollo: «Il protocollo è stato stravolto dalla circolare ministeriale - ha dichiarato Pino Turi, segretario Uil scuola - la nostra posizione è stata chiara fin dall’inizio: i costi per l’effettuazione dei tamponi diagnostici debbono essere a totale carico delle scuole, utilizzando i fondi specifici erogati dal ministero dell’Istruzione per la profilassi sanitaria anti Covid. Chiediamo al ministro Bianchi di riformulare la circolare applicativa rispettando il contenuto originario. Diversamente siamo pronti a ritirare la firma». 

Ma una volta certificata l’assenza del Green pass, che cosa succede in classe? Restano infatti altre criticità: «La norma del Green pass - spiega infatti Maddalena Gissi della Cisl Scuola - può essere rivista solo in Parlamento, a questo punto dobbiamo capire come attuare quanto previsto dal protocollo: nei giorni di assenza ingiustificata le scuole non possono chiamare il supplente, devono aspettare il quinto giorno di assenza, ma come faranno a fare lezione?». Nei 4 giorni di assenza, prima della sospensione, le scuole devono aspettare a chiamare un sostituto perché potrebbe tornare in tempo il docente “titolare”, munito di Green pass, e si rischia di dover pagare due insegnanti contemporaneamente. Ma le classi che fine faranno? Gli studenti non possono essere divisi in altre aule, per via del Covid, e rischiano di dover tornare a casa ogni volta. 
 

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