Covid, mamma muore dopo il parto: «Aveva 33 anni e non era vaccinata»

Covid a Napoli, mamma muore dopo il parto: «Aveva 33 anni e non era vaccinata»
Covid a Napoli, mamma muore dopo il parto: «Aveva 33 anni e non era vaccinata»
di Ettore Mautone
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Giovedì 17 Febbraio 2022, 11:22

È accaduto ancora, di nuovo una tragedia si consuma nelle corsie del Policlinico: una giovane mamma napoletana di 33 anni, non vaccinata, non ce l'ha fatta a superare la grave infezione da Sars-Cov-2 ed è deceduta ieri sera nella rianimazione Covid della struttura universitaria. Qui la Ginecologia e il percorso Covid, assicurati anche in urgenza, sono il centro di riferimento regionale per le gravidanze di mamme affette dal Coronavirus. Ancora una volta una giovane donna viene sradicata dalla vita a pochi giorni di distanza dal parto, dopo aver dato alla luce una bimba, nata prematura a 33 settimane. Anche per la piccola è stato difficile il primo periodo, anche la neonata è stata intubata alla nascita non per il Covid da cui indenne ma per la prematuri. Ora è stabile e le sue condizioni sono nettamente migliorate. «La bimba per fortuna sta bene - dice Francesco Raimondi, primario della Terapia intensiva neonatale che ha accolto la piccola - siamo sconvolti. Si ripete purtroppo un film già visto. Un'altra giovane mamma viene tirata via dalla vita dal Covid a soli 33 anni. È una tragedia che lascia sgomenti. Non ci stancheremo mai di ripetere che la vaccinazione può e deve essere praticata a qualunque età di gestazione e non c'è motivo per rimandare l'immunizzazione. Va assolutamente fermata questa strage che rovina le famiglie e rende pieno di dolore il momento forse di massima gioia concepito all'interno di una coppia». 

La paziente, 33 anni, con fattori di rischio legati alla sua situazione metabolica, aveva ciononostante scelto di non vaccinarsi. Il primo tampone positivo risale al 24 gennaio scorso quando la donna, in attesa di una bambina, scopre di essere contagiata. Dopo 7 giorni trascorsi a casa con la tipica sintomatologia caratterizzata da febbre e tosse giunge con i propri mezzi al pronto soccorso ostetrico del Policlinico il 31 gennaio. Qui dati i sintomi e la precedente diagnosi di Covid viene immediatamente immessa nel percorso dedicato alle mamme positive. Nel pronto soccorso vengono rilevati i parametri vitali ed emerge subito la grave dispnea e la tosse che la tormenta già da giorni. Viene deciso dunque l'immediato ricovero nella rianimazione diretta da Giuseppe Servillo che da mesi affianca il centro di riferimento regionale ginecologico per le donne in gravidanza con il Covid.

Il 1 febbraio viene deciso di effettuare il taglio cesareo urgente alla 33esima settimana di gestazione per evitare danni alla bambina che porta in grembo che ovviamente potrebbe altrimenti risentire delle cure intensive a cui è deputata la sua mamma. Alla Tac della donna purtroppo emerge un quadro molto grave: nella scala del danno polmonare stilata dai sanitari sono indicati 19 punti su un massimo di 20. La grave tipica polmonite interstiziale bilaterale è molto avanzata. La donna viene pertanto intubata per mettere a riposo i polmoni e provare a ridurre la intensissima infiammazione che fa bruciare i suoi organi della respirazione. I medici le provano tutte per salvarle la vita. In questa fase anticorpi monoclonali e antivirali non servono più.

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Il nemico da battere è appunto l'infiammazione dovuta alla reazione immunitaria sregolata scatenata dal suo organismo contro il virus. Viene pertanto sottoposta a cicli di prono supinazione per reclutare le parti ancora sane dei polmoni. Viene usato il cortisone e utilizzata anche la cosiddetta cura Ascierto con il Tocilizumab, un farmaco che in alcuni casi riesce a spegnere la cascata di reazioni che conducono alla distruzione del tessuto polmonare ma nulla sembra andare per il verso sperato. Nella rianimazione Covid del Policlinico in pochi mesi, dallo scorso autunno, compresa quella di ieri si contano ben 4 giovani donne, mamme, partorienti, stroncate dal Coronavirus su 11 giunte in rianimazione. Tutte non vaccinate e in almeno la metà dei casi dichiaratamente no vax e nell'altra metà poco e male informate. 

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