Coronavirus, non sarà questione di pochi mesi. Ci saranno la fase 2, la 3, la 4, la 5. Certo, potremo uscire quando prima dell’estate il lockdown finirà, ma le nostre vite saranno differenti. Ci saranno sensori che diranno se sui luoghi di lavoro o nelle aree pubbliche le persone si stanno avvicinando troppo. Termoscanner ovunque ci misureranno la febbre quando entreremo al supermercato o in ufficio. Gli impianti di aria condizionata potranno funzionare solo se ciclicamente sanificati, altrimenti dovranno restare spenti. Barriere di plexiglass sui taxi, ma anche orari differenti per i vari posti di lavoro, in modo che non ci sia più “l’ora di punta” in cui il trasporto pubblico si affolla più del normale. Saranno obbligatorie le mascherine, ma serviranno quelle sanificabili, perché le “usa e getta” non saranno mai sufficienti per un paese di 60 milioni di abitanti (limitandosi all’Italia). E sarà chiesto ai più anziani di limitare i loro spostamenti.
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Il timore è quello di una pandemia a ondate con fasi di tregua e altre di riacutizzazione. Essere preparati, avere sufficienti posti di terapia intensiva e personale sanitario, capacità di intervenire per fermare sul nascere i focolai che si andassero a sviluppare, è l’unica strada, insieme ovviamente a un miglioramento delle terapie e la ricerca del vaccino che, secondo quanto ha spiegato uno dei componenti del comitato tecnico scientifico, il professor Alberto Villani, potrebbe essere rapida quanto mai nella storia. Nel Lazio, spiega l’assessore alla Sanità, Alessio D’Amato, sarà diffuso un decalogo sulle cose da fare per potere andar verso una parziale riapertura. «Ma bisogna cominciare a prepararsi subito».
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