Cern: c'era un'anomalia negli strumenti
I neutrini non sono più veloci della luce

Cern: c'era un'anomalia negli strumenti I neutrini non sono più veloci della luce
di Massimo Di Forti
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Giovedì 23 Febbraio 2012, 10:09 - Ultimo aggiornamento: 28 Febbraio, 23:41
ROMA - Chiss cosa direbbe Einstein... I ricercatori del Cern adesso lo ammettono: un’anomalia aveva favorito l’esito dell’esperimento che, nel settembre scorso, avrebbe dimostrato che i neutrini sarebbero pi veloci della luce.



La notizia che aveva terremotato il mondo della fisica, attribuendo ai neutrini una velocità di 60 nanosecondi maggiore rispetto a quella della luce (ritenuta insuperabile da migliaia di esperimenti e uno dei cardini di tutta la teoria della relatività di Albert Einstein), si sarebbe rivelata un clamoroso errore. Il mondo scientifico si era letteralmente spaccato in due. Molti scienziati e ricercatori avevano invitato alla prudenza e a necessarie importanti verifiche prima di avallare una così sconvolgente scoperta. Altri - probabilmente vittime dell’idea che la scienza non pone mai traguardi definitivi, anche nei casi al di sopra di ogni incertezza - avevano sposato l’ipotesi che nuovi sofisticatissimi strumenti di indagine avessero sfatato una verità ritenuta ormai da tutti inattaccabile.



Il mistero adesso è stato rivelato dagli stessi fisici del Cern. Cos’era successo? Era successo che si era verificata una anomalia nel funzionamento degli apparati tecnici utilizzati per misurare la velocità delle ultraveloci particelle. Più esattamente c’era stato un errore di connessione nel cavo di fibra ottica tra un rilevatore e un computer usato per calcolare il tempo in cui i neutrini furono sparati dal grande collisore Lhc di Ginevra ai laboratori dell’Istituto nazionale di fisica nucleare sotto il Gran Sasso, distante oltre 700 chilometri.



Eppure, Sergio Bertolucci, direttore scientifico del Cern, sostiene che «la questione resta ancora aperta» mentre il presidente dell’Infn Fernando Ferroni spezza una lancia a favore dei ricercatori dell’esperimento Opera apprezzandone «la costanza» con cui hanno proseguito nelle verifiche. Antonio Ereditato, che ha diretto l’esperimento, ha dato questa spiegazione: «Come abbiamo avuto i nostri dubbi all’inizio, li abbiamo ancora. Abbiamo lavorato intensamente per cercare la causa di questa anomalia, esaminando tutti gli aspetti possibili e alla fine abbiamo trovato due effetti. Il primo riguarda la calibrazione dell’orologio atomico utilizzato nell’esperimento: una prima anomalia a favore delle misure di settembre, poiché in base a essa i neutrini risultano essere più veloci. Il secondo effetto invece è in contrasto con le misure di settembre. E’ un effetto molto sottile, legato alla trasmissione della fibra ottica all’elettronica di acquisizione dei dati. In condizioni normali la connessione di questo cavo ha due stati: on e off. Ha sempre funzionato correttamente ma poi è successo qualcosa per cui la connessione non era né accesa né spenta ma in una posizione intermedia. Adesso abbiamo il potenziale sospetto che questo effetto possa essere stato attivo mentre prendevamo i dati sui neutrini».



L’errore compiuto a Ginevra dovrebbe invitare, però, a una sacrosanta prudenza che è stata davvero discutibile data l’entità della posta in gioco.La velocità della luce nel vuoto, calcolata da Michelson con un raffinatissimo esperimento nel 1887 e poi confermata da migliaia di esperimenti, è di 300.000 chilometri al secondo. E’ un limite insuperabile ed è una costante sempre uguale a se stessa e immutabile in qualunque direzione venga calcolata. Se così non fosse, l’intera relatività andrebbe a rotoli.



Viene in mente un divertente aneddoto che, a proposito della relatività, riguardò Eddington, uno dei massimi fisici del secolo scorso. Nel 1917, quando pochissime persone erano informate adeguatamente sulla rivoluzione di Einstein e ancor meno la capivano, un giovane ricercatore disse a Eddington: «Professore, lei è uno dei tre uomini che, con Einstein, nel mondo intero capiscono la relatività». Eddington fece una smorfia che lasciava trapelare un certo imbarazzo e commentò a sua volta: «Guardi non sono imbarazzato, ma mi chiedo solo chi possa essere il terzo». A Ginevra, forse qualcuno potrebbe riflettere un po’ prima di buttar via la più grande rivoluzione scientifica di tutti i tempi.
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