Caserta, «basta con i bacetti»: l'inferno della bimba di 11 anni vittima del prete-orco

Caserta, «basta con i bacetti»: l'inferno della bimba di 11 anni vittima del prete-orco
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Venerdì 8 Novembre 2019, 23:00 - Ultimo aggiornamento: 9 Novembre, 10:49

CASERTA - «Ho avuto una fase di debolezza durante la quale, effettivamente, ho assunto comportamenti non consoni al rapporto che dovrebbe esserci tra un prete e una minore». La confessione di don Michele Mottola l’equivalente di una prova regina, cade sulla scrivania del vescovo di Aversa, Angelo Spinillo, il 24 maggio scorso. Pochi giorni dopo, quelle ammissioni, titubanti sì, ma gravissime, finiscono su un’altra scrivania, distante da quella del prelato poco più di un chilometro. Quella del procuratore di Napoli Nord, Francesco Greco, che istruisce un fascicolo per abusi sessuali su minore e, in estate, interroga la vittima, in incidente probatorio. Acquisisce i file audio che la ragazzina registra durante i suoi incontri, proibitissimi, in parrocchia col prete. È il 24 settembre quando il pm Paolo Martinelli chiude la pratica e firma la richiesta d’arresto.


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Passeranno 43 giorni prima che il gip Antonino Santoro firmi la misura restrittiva per don Mottola, ritenendo la sua una «personalità deviata», e le prove raccolte dal pm «granitiche». Ravvisando, quindi, le esigenze cautelari, più in virtù del pericolo di reiterazione del reato che del rischio concreto di una fuga. Prove che, per la verità, raccoglie la stessa vittima, registrando di nascosto il prete mentre la molesta, mentre le chiede «bacetti e abbracci» e lei cerca di sottrarsi, con sussurri strozzati: «Basta... basta». Poi quell’ordine, «lavati i denti», dopo una serie di sinistri fruscii, che il sessantenne impartisce alla vittima, un ordine che evoca un mondo di sporche molestie che si sarebbero consumate nell’inconsapevole complicità di un’intera parrocchia, e della stessa famiglia della vittima che, quel prete, fino alla primavera scorsa, lo ospita a cena una volta a settimana e che, sempre prima di maggio, non vede niente di strano nei regali che Mottola fa alla ragazzina. Uno zaino, un computer. 


Tra i due si instaura un rapporto morboso, «come tra fidanzati» dice il prete. E gli adulti non se ne rendono conto. Un rapporto che poi Mottola definisce una «storiella» quando la ragazzina tenta di troncare, ma ha quasi paura di deluderlo e poi si rivolge, inutilmente, ai catechisti. Si confida anche con la madre che affronta il sacerdote e crede a lui, al parroco, anziché a sua figlia. La ragazzina è sola, affida a un diario il suo dramma. «Ma è sesso quello che facciamo io e don Michele?» si chiede. Pensieri che diventano lo scheletro delle 50 pagine di ordinanza spiccata dal gip Santoro. Insieme ai file audio, per ora non passati per alcuna perizia tecnica, e con la conferma delle denunce, avvenuta in incidente probatorio, a luglio, quando l’11enne ripercorre i mesi delle molestie, i vani tentativi di farsi aiutare dagli adulti, l’iniziativa di registrare quegli incontri segreti per i quali si sente colpevole, lei, che invece è la vittima. 



Tutto questo, per il gip, è sufficiente e tiene in piedi le esigenze cautelari nonostante i fatti risalgano a cinque mesi fa. Mottola è pericoloso, la sua è una «personalità deviata», tale da pensare di essere «fidanzato» con una bambina di undici anni. Per questo il gip firma l’arresto, nonostante la Diocesi abbia messo il sacerdote in condizione di non poter nuocere ancora, allontanandolo dalla parrocchia di San Giorgio Martire di Trentola Ducenta, dove sarebbero avvenuti i fatti, poi imponendogli l’isolamento in un convento di Giugliano. Mottola lasciato la «clausura» a fine ottobre e va a vivere dal fratello a Qualiano dove, ieri mattina, la polizia esegue una perquisizione prima di arrestarlo. Esce dal commissariato, bersagliato dai flash dei cronisti, che sono quasi le tre del pomeriggio. Sguardo fisso, poi si nasconde dietro una borsa. La volante parte in direzione Secondigliano, penitenziario in cui c’è un reparto riservato agli aggressori sessuali.




È fissato per lunedì il faccia a faccia col gip. L’avvocato Antimo D’Alterio, difensore del sacerdote, ha fatto sapere che sin da maggio il suo assistito si è messo a disposizione della Procura che però non ha ritenuto di non interrogarlo. «Le esigenze cautelari, a cinque mesi dai fatti, sono discutibili, si sarebbe potuta applicare una misura meno afflittiva», dice il penalista che poi conferma l’esistenza delle parziali ammissioni rese al vescovo e chiarisce che «la gravità dei fatti contestati dai magistrati impone che se ne discuta solo nelle sedi opportune». Si va verso il processo, mentre continua il linciaggio mediatico e si apprende che, sette giorni fa, il papà della ragazzina insegue il prete mentre percorre l’Asse mediano e lo manda fuori strada con la macchina. Poi cerca di aggredirlo: lo salvano due motociclisti. È il terzo tentativo di giustizia fai da te, da maggio. Il padre della bimba insulta il sacerdote in pubblica piazza nelle settimane in cui vien fuori il fatto. Dopo il servizio de «Le Iene», domenica, sul web si organizza una spedizione punitiva. Da ieri Mottola è al sicuro. In carcere. Ed è il secondo prete della Diocesi di Aversa, dopo Michele Barone, l’esorcista amico delle veggenti di Medjugorje a finire dietro le sbarre.
 

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