Dietro giovanissime schiave del sesso un fiume di denaro verso la Nigeria: in un borsone 220mila euro

Dietro giovanissime schiave del sesso un fiume di denaro verso la Nigeria: in un borsone 220mila euro
Dietro giovanissime schiave del sesso un fiume di denaro verso la Nigeria: in un borsone 220mila euro
di Teodora Poeta
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Martedì 26 Ottobre 2021, 10:59

Prosegue il processo in Corte d’Assise a carico di otto nigeriani, uomini e donne, accusati di essersi associati, con l’aggravante della transnazionalità, per riciclare il denaro ottenuto dopo aver messo in strada a prostituirsi sulla bonifica del Tronto, in Val Vibrata,  giovani ragazze loro connazionali. Si tratta del secondo filone di una maxi inchiesta della Squadra mobile che ha ricostruito quella che per gli inquirenti è una vera e proprio associazione per delinquere in cui ciascuno avrebbe avuto un preciso ruolo: dal collettore, che aveva il compito di ricevere dai committenti l’incarico, ai corrieri che dovevano provvedere a ritirare materialmente dai loro dipendenti collettori le somme di denaro per il successivo trasporto in Nigeria con viaggi aerei. Le vittime, finite a prostituirsi sulla bonifica dopo il lungo viaggio con tappa intermedia in Libia, sono giovanissime connazionali degli imputati all’epoca tutte all’incirca ventenni che anche in questo processo (l’altro si sta svolgendo sempre in Corte d’Assise, ma riguarda la tratta di esseri umani, ndr) stanno negando di aver avuto contatti con i componenti della presunta associazione. «Non avevo denaro – ha dichiarato, ieri, in aula una giovane testimone indicata dalla Procura come parte offesa – perché non lavoravo e non ne mandavo in Nigeria».


Eppure proprio lei, insieme ad una delle imputate, ad agosto del 2018, durante un servizio di osservazione della Squadra mobile, è stata identificata e dopo il pedinamento, scoperta sulla Bonifica, in provincia di Teramo, a prostituirsi. Lo ha confermato in aula un sovrintendente capo della Polizia che ha eseguito proprio quel servizio. «Entrambe si trovavano a bordo di una Panda guidata da un uomo – ha raccontato il poliziotto della Mobile -. Dopo che le lasciammo andare, le pedinammo. Le abbiamo viste mentre si cambiavano gli abiti in un anfratto lungo la bonifica e poi tentavano di adescare gli uomini». Secondo l’accusa le ragazze erano costrette a prostituirsi sulla bonifica del Tronto per restituire tutto il denaro ai loro sfruttatori. Tra il 2018 e il 2019 gli investigatori hanno scoperto e sequestrato oltre 220mila euro in contanti già occultati in borsoni. Si parla di transazioni di denaro che sarebbero avvenute con il metodo hawala, ossia ricevendo dai committenti dapprima l’incarico (principalmente tramite contatto telefonico o sms) e poi fornendo, anche a brevissima distanza di tempo (generalmente tramite sms o messaggio whatsapp) un codice identificativo numerico o alfanumerico utilizzato dal destinatario in Nigeria per poter ritirare il denaro in Naira (la valuta locale) dal gestore dell’ufficio in Nigeria (gestito da un familiare o un fiduciario) che si occupava della consegna al destinatario o dell’accredito della somma stabilita sul conto corrente bancario indicati dal mittente.

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