Benno Neumair ha aggredito il suo compagno di cella: «Ha cercato di strangolarlo»

La perizia non coincide con quella svolta, in incidente probatorio, dai tre periti nominati dal giudice per le indagini preliminari

Benno Neumair ha aggredito il suo compagno di cella: «Ha cercato di strangolarlo»
Benno Neumair ha aggredito il suo compagno di cella: «Ha cercato di strangolarlo»
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Mercoledì 15 Giugno 2022, 14:49

Benno Neumair, in carcere per l'omicidio dei suoi genitori, ha aggredito il suo compagno di cella. Il 30enne di Bolzano, accusato dell’omicidio e dell’occultamento di cadavere dei suoi genitori, Laura e Peter, sarebbe stato dichiarato perfettamente in grado di intendere e volere anche se i suoi legali hanno ribadito che sarebbe affetto da una malattia mentale che gli impedirebbe di mantenere il controllo.

Circa un anno fa, nel luglio scorso, Benno Neumair cercò di strangolare un suo compagno di cella, un detenuto straniero del carcere di Bolzano, nel corso di un litigio per futili motivi.

Immediatamente intervennero le guardie che scongiurarono il peggio ma furono presi dei provvedimenti disciplinari nei confronti di Benno. In questi giorni si sta tenendo l'udienza a suo carico e la  psichiatra padovana Anna Palleschi, perito di parte civile ha dichiarato che Benno sarebbe affetto da un disturno narcisistico di personalità: «Ma era lucido quando uccise i suoi genitori e gettò i loro cadaveri nel fiume. E' rassicurante pensare che chi commette un delitto efferato soffra di disturbi mentali, ma non è così: può uccidere anche chi non ha alcun disturbo».

La sua perizia non coincide con quella svolta, in incidente probatorio, dai tre periti nominati dal giudice per le indagini preliminari. Secondo questi ultimi, infatti, Benno sarebbe stato incapace di intendere e di volere in occasione del primo omicidio, quello ai danni del padre Peter, in quanto un litigio tra i due avrebbe scatenato la furia omicida di Benno. Una conclusione, questa, che non viene affatto condivisa dalla psichiatra Palleschi, secondo la quale Benno non agì affatto in seguito ad un discontrollo degli impulsi, anzi: per lui l'uccisione sarebbe un'azione di ritorsione, un tentativo disperato di prendere il controllo e proteggere la propria autostima. Benno sapeva, quindi, quello che faceva, secondo la consulente di parte civile.

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