Attentato al Cairo, una vittima e feriti
Paura per il console jesino Luca Fava

Attentato al Cairo, una vittima e feriti Paura per il console jesino Luca Fava
4 Minuti di Lettura
Sabato 11 Luglio 2015, 12:29 - Ultimo aggiornamento: 18 Luglio, 11:59

IL CAIRO - «La bomba è esplosa su un lato del consolato italiano al #Cairo, tra l'ingresso per i visitatori e una stradina laterale». Così il freelance Alessandro Accorsi di stanza in Egitto ha dato la notizia su twitter dell'attentato avvenuto questa mattina intorno alle 6,30 in pieno centro al Cairo, davanti al Consolato italiano retto dallo jesino Luca Fava.


LA TELEFONATA CON IL PADRE

“Sono riuscito a sentire mio figlio per telefono stamattina presto, una mezz’ora dopo l’esplosione. Giusto il tempo di dirmi che lui stava bene, perché a quell’ora il Consolato è chiuso e Luca era a casa, e poi è dovuto scappar via per andare sul posto”.

Luca Fava, jesino, 42 anni, è il responsabile a Il Cairo del Consolato italiano sotto il quale l’esplosione di una autobomba alle 6,30 del mattino ha provocato due vittime, nove feriti e devastazioni.

A parlare è il padre del Console, Gabriele Fava, già sindaco di Jesi negli anni ’80 e attuale presidente della Fondazione Angelo Colocci. “Mi sono alzato stranamente più presto del solito - racconta il prof. Fava - e in tv, dallo scorrere delle notizie su Rainews, ho saputo dell’esplosione. Ho immediatamente telefonato a mio figlio in Egitto ma il cellulare era occupato. Ho provato allora a casa sua e l’ho trovato, erano le 7. Ha avuto soltanto il tempo di rinfrancarmi e di dirmi che lui stava bene. Il Consolato apre gli uffici alle 8,30, a quell’ora è vuoto, e Luca si trovata ancora a casa, da dove stava uscendo per raggiungere quello che è abitualmente il suo posto di lavoro. Conosco quell’edificio, in quell’ala ci sono una decina di uffici. Un paio d’ore dopo e l’esplosione avrebbe potuto provocare una carneficina”.

Luca Fava è Console a Il Cairo dallo scorso settembre, dopo aver in precedenza ricoperto il ruolo di responsabile dell’ufficio politico dell’Ambasciata d’Italia. “Il Cairo- spiega Gabriele Fava- era considerato un posto relativamente tranquillo rispetto a zone più pericolose come il Sinai. Ma era solo di qualche giorno fa la notizia dell’uccisione di un procuratore che si era contraddistinto per la sua attività nei confronti dei Fratelli Musulmani e poi di un altro attentato, di minori dimensioni, nei confronti dell’ambasciata dell’Arabia Saudita”.

IL MINISTRO GENTILONI: ITALIA NEL MIRINO

Il ministro degli Esteri Gentiloni, in un conferenza stampa alla Farnesina, ha detto che «non c'è nessun dubbio, il Consolato italiano era l'obiettivo» dell'attentato, in cui è morto un poliziotto egiziano e ci sono vari feriti anche gravi. Il ministro, definendolo «un tentativo di intimidazione», ha spiegato che si è trattato di «un attacco contro la presenza internazionale, ma anche di un attacco diretto all'Italia», paese impegnato in prima linea nel «contrasto al terrorismo». Gentiloni ha ribadito «la rinnovata determinazione dell'Italia» a combattere il terrorismo e l'Isis in particolare.

Il palazzo nel quale ha sede il Consolato italiano del Cairo risale ai primi del '900 e ospita anche la scuola italiana Leonardo da Vinci ed il Circolo Ricreativo Italiano (Cri), con un ristorantino riservato a soci. L'ala del palazzo più danneggiata è degli uffici del Consolato, che si sviluppano lungo il lato del quale tutte le reti televisive hanno mostrato il crollo, a sinistra dell'ingresso monumentale con due

alte colonne. Di color salmone intenso, l'edificio corre su tre lati. Il primo si affaccia sul quartiere Bulac - non visibile in quelle immagini - dove c'è l'ingresso di servizio al consolato e alle altre strutture, oltre ad un ampio parcheggio interno.

Il secondo su Galaa Street, lungo il quale c'erano due postazioni di polizia, con scudi metallici e garitte. Il terzo su una stradina laterale molto stretta, all' inizio della quale sembra fosse parcheggiata l'auto sotto la quale è stata deposta la bomba, apparentemente di grande potenza (250 chili di tritolo secondo la stampa egiziana). In passato il palazzo aveva ospitato la scuola Giuseppe Garibaldi, che negli anni della seconda guerra mondiale fu utilizzata dai responsabili del protettorato britannico dell' Egitto per ospitare gli italiani (circa diecimila) da internare in campi lontani dal Cairo perchè non abiuravano alla fede fascista e si temeva potessero collaborare con l'esercito tedesco. Negli anni novanta in quell'edificio venne trasferito il Consolato italiano che fino a quel momento era stato ospitato in via Champollion, a ridosso di piazza Tahrir.

© RIPRODUZIONE RISERVATA