San Benedetto, la vedova Sarchiè
«Stesse colpe per Salvatore e il padre»

Ave Palestini vedova Sarchiè
Ave Palestini vedova Sarchiè
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Giovedì 19 Aprile 2018, 11:23
SAN BENEDETTO - «L’ho conosciuto che avevo 17 anni. Siamo stati sposati per 40 anni, è stato un marito e un padre fantastico, una persona seria e riservata. Gli ho promesso che avremmo fatto di tutto per ottenere giustizia». Ha gli occhi lucidi Ave Palestini e la fede ancora al dito. Parla con amore e dolore di suo marito Pietro e dei loro figli Jennifer e Yuri. Una famiglia sambenedettese quella dei Sarchiè colpita nel 2014 dalla tragedia che ha strappato Pietro ai suoi cari. Il commerciante di pesce è stato assassinato il 18 giugno 2014 in un agguato a Sellano di Pioraco. Il suo corpo è stato ritrovato il 5 luglio nella frazione Valle dei Grilli di San Severino. Movente secondo la procura di Macerata il delitto sarebbe legato alla concorrenza sul mercato del pesce. Giuseppe Farina difeso dall’avvocato Francesco Voltattorni è stato condannato dalla Corte di appello di Ancona all’ergastolo. A suo figlio Salvatore sono stati inflitti 20 anni di carcere. A seguito di un ricorso presentato dalla procura generale di Ancona, il prossimo 29 maggio si aprirà il processo in Corte di Cassazione. Un nuovo rito nel quale la famiglia Sarchiè spera venga fatta piena giustizia. Dopo un lungo periodo di silenzio, ad un mese dall’udienza in Cassazione, parla la vedova di Pietro Sarchié. «Cerco di andare avanti, ma per la nostra famiglia il tempo si è fermato quel maledetto 18 giugno. Siamo persone normali, tranquille. Mio marito era un grande lavoratore, persona seria e riservata, non ci aspettavamo una fine così atroce. È stato uno tsunami quello che ci ha investito dopo la sua morte». «Mi aspetto giustizia. Anche Salvatore Farina merita l’ergastolo. Lui e suo padre erano insieme il giorno dell’agguato. Salvatore era lucido tanto è vero che dopo un paio di ore che ha ammazzato mio marito ha avuto il coraggio di andare a vendere il pesce di Pietro. Salvatore ha montato un alibi per suo padre. Quel giorno quando le persone gli chiedevano del padre lui diceva che stava a prendere il caffè. In realtà Giuseppe Farina si trovava al capannone per smontare il camion. Insieme padre e figlio hanno occultato il corpo di mio marito. È concorso in omicidio. Salvatore è stato presente in tutte le fasi dell’omicidio. È colpevole quanto il padre».
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