«L’amicizia tra di noi più forte della guerra». Ecco come riescono a convivere l'ucraina Svetlana e la russa Polina

A sinistra Svetlana e a destra Polina con il datore di lavoro Simone Monterubbianesi titolare della bottega artigianale Mani in pasta
A sinistra Svetlana e a destra Polina con il datore di lavoro Simone Monterubbianesi titolare della bottega artigianale Mani in pasta
di Laura Ripani
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Giovedì 24 Marzo 2022, 09:15 - Ultimo aggiornamento: 27 Marzo, 18:36

SAN BENEDETTO - Si vogliono bene come sorelle tanto che l’una ha anche aiutato l’altra a trovare lavoro. Condividono le stesse preoccupazioni per la situazione nei rispettivi Paesi ma l’ucraina Sveltlana ne parla apertamente, tradendo il suo Dna europeo votato alla libertà di pensiero. Polina, invece, che viene dalla Russia, resta riservata e di politica, per carità, proprio non parla. 


Fianco a fianco cucinano e preparano i manicaretti di Mani in Pasta, la bottega artigianale di pasta all’uovo gestita dal giovane Simone Monterubbianesi in via Piemonte.

Entrambe si sono stabilite a San Benedetto per amore, qui hanno trovato marito. Polina, sangue misto tra polacco, ucraino, e mongolo di madre, perché la donna, da loro, segue l’uomo. E durante una vacanza a casa di un’amica ha incontrato suo marito, diventando anche cittadina italiana nonostante in patria avesse un buon lavoro. Anche in questo atteggiamento si comprende quanto, invece, Svetlana sia più europea. «Ero -dice - tra coloro che venivano a comprare scarpe e abbigliamento italiano: su commissione: avevo un catalogo, guadagnavo bene, si facevano tanti soldi. Poi mi sono innamorata. Abbiamo convissuto tre anni prima di decidere che eravamo fatti l’uno per l’altra, nel 2004 le nozze. Prima ho amato le Marche. E mi sono detta: voglio vivere qui. Così ho anche trovato l’amore».

Ma anche, e soprattutto, l’amicizia. Sembra di vedere una puntata di Sex and the city: sono in quattro le amiche per la pelle, tre quelle russe, e la mamma di una di loro, stanno sempre insieme. «Adesso mi ha raggiunto anche una cugina e un’amica di lei - aggiunge Svetlana -: scappano da Charkiv, la mia città. Quella dove fino all’anno scorso viveva mia madre. È morta, altrimenti sarei dovuta tornare lì, sotto le bombe. Mi arrivano messaggi strazianti. Una mia amica che lavora in un ospedale pediatrico mi ha mandato la foto dove lavora con i vetri oscurati e fa nascere i bambini nei sotterranei per paura delle bombe. Ma soprattutto penso a chi mi manda messaggi anche da San Pietroburgo dove mi scrive che si vergogna di quello che sta accadendo, che c’è grande preoccupazione ma non si può dare voce al dissenso, il rischio per loro è altissimo».


«Una mia amica russa - chiude Svetlana - mi ha chiesto se poteva ancora parlare con me, se ancora volevo parlare io con lei». Russi e ucraini pregano ogni giorno perché la guerra finisca. Ma anche questo può dirlo apertamente solo chi sta combattendo per la libertà.

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