SAN BENEDETTO - «Se sono diventato scrittore lo devo a due insegnanti. La prima fu la mia maestra delle elementari, poi c’è stata la professoressa Siliquini». Inizia così il proprio ricordo appassionato della professoressa Maria Siliquini, Alcide Pierantozzi, uno dei suoi alunni più illustri insieme a tanti altri del liceo classico Leopardi che in queste ore piangono la morte improvvisa della stimata insegnante, sabato. Pierantozzi si fa interprete dei loro pensieri: «Ero un pessimo studente, annoiato dalle lezioni, distratto».
«Poi in classe arrivava lei, col suo rossetto fucsia, elegantissima, altera, e io precipitavo in uno stato di sudditanza intellettuale. Oggi mi piace pensare che la prima persona ad avermi messo in soggezione sia stata una donna così moderna, progressista, incline alle contaminazioni culturali e all’ascolto delle novità. Ho imparato da lei come si parla in pubblico. Parlava un italiano incantevole, con una dizione perfetta, ed era inclemente verso le interiezioni sintattiche: un “ehm” mugugnato all’inizio di un discorso poteva farla inferocire, e la annoiavano i cliché linguistici.
Imparziale e severa
«Amava il cinema e bisognava stare attenti: confidarle di aver visto L’ultimo bacio non era una buona idea, molto meglio Pasolini. Era un’insegnante imparziale, severa ma creativa, nei temi scritti non mi segnava mai le parolacce, conosceva Tondelli, Ammaniti, anche se non faceva che ricordarci di preferire l’Ottocento russo. Il 29 settembre 2001 ci lesse a voce alta, commossa, il celebre articolo di Oriana Fallaci. Si mise in testa che avrei fatto lo scrittore molto prima di me, e così mi incastrò, con la persuasione della lusinga. Quando dici una cosa del genere a un ragazzino convinto di non saper fare niente, lo costringi a impegnarsi sul serio per non deluderti. Non dimentico il fervore e la passione con cui la professoressa Siliquini insisteva su quell’ultimo rifugio della natura, che è la poesia».