Esposto sulla gestione del Centro Agroalimentare: la vicenda alla Corte dei Conti

San Benedetto, esposto sulla gestione del Centro Agroalimentare: la vicenda alla Corte dei Conti
San Benedetto, esposto sulla gestione del Centro Agroalimentare: la vicenda alla Corte dei Conti
di Alessandra Clementi
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Martedì 8 Settembre 2020, 07:10

SAN BENEDETTO - Da una parte si delibera che il Centro agroalimentare Piceno è una partecipata a controllo pubblico, dall’altro si adottano provvedimenti che vanno in netto contrasto con tale situazione giuridica. Quanto basta per impugnare carta e penna e presentare un esposto alla Corte dei conti di Ancona, come è stato fatto lo scorso 3 settembre da un tecnico sulla base della relazione dell’ultima assemblea dei soci. Ancora un gran pasticcio per il CaaP, nonostante gli annunci di rilancio e rinascita che arrivano da via Valle Piana. 

Il Comune sambenedettese di fronte alla legge Madia che chiedeva di individuare le società dismissibili e quindi non strategiche per gli enti, ha cercato di riconoscere al CaaP l’attività di fiere e mercati, e quindi di procastinare la sua esistenza nonostante le difficoltà, contrariamente a tutti gli altri soci pubblici che hanno deliberato la dismissione delle quote. Tutto questo però ha comportato delle conseguenze.
 
Quali? Il CaaP è diventato società a controllo pubblico ed in base sempre alla legge Madia la revisione legale dei conti non può essere affidata al collegio sindacale. Inoltre l’organo amministrativo delle società a controllo pubblico è costituito, di norma, da un amministratore unico. A fronte di queste condizioni nell’assemblea dello scorso 29 giugno svoltasi alla presenza dell’ex vice sindaco Andrea Assenti, quale delegato del Comune di San Benedetto (rappresentante del 43,173% dell’intero capitale sociale presente al 44,44839%), , ha nominato un consiglio di amministrazione con tre membri (il presidente Roberto Giacomini, l’amministratore delegato Francesca Perotti e il consigliere Corrado Di Silverio). Una contraddizione secondo le critiche di oggi con la legge. 
L’esposto 
«D’altro canto – si legge nelle otto pagine dell’esposto ora inviato ai giudici - le specifiche ragioni di adeguatezza organizzativa possono risultare difficili da individuare in una società che ha oltre il 70% dei ricavi da locazioni di immobili e per il restante da rivalsa per oneri condominiali e di utenze». 
Controllato e controllore 
Nella stessa assemblea, sempre il vice sindaco Assenti per il Comune di San Benedetto, ha attribuito al nominato collegio sindacale anche l’attività di revisione. Arrivando a deliberare che in materia di revisione legale, qualora ne ricorrano gli obblighi, il cda provvederà alla nomina di un revisore esterno, in questo modo l’organo controllato nomina il controllore. 
Tutti vendono il Comune no
Tutte le amministrazioni pubbliche hanno deliberato, in occasione delle ricognizioni straordinarie ed ordinarie, la dismissione della partecipazione e conseguentemente la perdita del diritto di voto. L’unica amministrazione pubblica che non ha deliberato in tal senso è il Comune di San Benedetto, riconoscendo al CaaP l’attività di fiere e mercati. Allo stesso tempo di fronte alle richieste presentate dai soci pubblici quali la Provincia di Ascoli, la Provincia di Fermo e la Regione Marche non si è proceduto alla liquidazione. 
La liquidazione non la diamo 
Ma nell’assemblea di giugno in via Valle Piana è stato deliberato che: «I soci richiedenti non hanno diritto alla liquidazione delle proprie azioni possedute e quindi delibera di non procedere alla liquidazione delle quote azionarie, in quanto si ritiene fondato che il CaaP non rientri nell’ambito di applicazione della Legge Madia 175/2016 e in quanto non ricorrono i presupposti previsti dal codice civile». 
Le accuse 
L’accusa da parte di chi ha presentato l’esposto è di aver prevaricato di fatto la volontà, nel rispetto della previsione legislativa, espressa dagli enti. Da qui la presentazione dell’esposto e la richiesta di eventuali responsabilità dei soggetti coinvolti per le palesi violazioni delle disposizioni di legge. E non sembra che finirà qui, gli enti pubblici potrebbero impugnare al Tribunale delle Imprese la delibera per poter far riconoscere le proprie ragioni.

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