SAN BENEDETTO - Ben 34 pagine ricche di dettagli sul caso di Gianluca Fanesi nella memoria depositata il 16 giugno 2020 a Strasburgo dagli avvocati Fabio Anselmo e Antonella Mascia. La domanda è stata accettata dalla Corte Europea dei Diritti dell’uomo ritenendola ricevibile per accertare la violazione dell’articolo 3 della Convenzione che recita così.
«Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti» Sono 241 i punti su cui poggia la memoria integrativa che mette in luce in fatto e in diritto secondo la difesa di Fanesi le lacune riscontrabili nel corso del procedimento penale aperto dalla Procura di Vicenza che si è concluso il 13 novembre 2019 con l’archiviazione del caso.
«Uno dei poliziotti lo colpì violentemente con un manganello - si legge nella memoria - dopo il primo colpo, il ricorrente ricevette sempre dai poliziotti presenti altri colpi di manganello e calci». Sul capitolo dedicato all’inchiesta penale i legali di Fanesi osservano come fu la stessa Digos ad indicare alla Procura che in considerazione delle dichiarazioni rese da due agenti, i quali avevano evidenziato di aver fatto uso di sfollagente su persone a terra, «sarebbe stato opportuno procedere al sequestro dei manganelli e sottoporli a rilievi tecnici per accertare l’eventuale presenza di tracce ematiche o biologiche da comparare con quelle del ricorrente». Ma delle analisi tecniche sui manganelli non vi è alcuna traccia.