Il Covid frena lo sviluppo dell'area del porto: movida e nuovi ristoranti devono per ora attendere

L'area nord del porto di San Benedetto
L'area nord del porto di San Benedetto
di Alessandra Clementi
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Mercoledì 10 Marzo 2021, 01:35

SAN BENEDETTO - Il Covid ha congelato anche lo sviluppo imprenditoriale atteso per la zona nord del porto. Due anni fa l’approvazione in giunta del Piano di comparto che si poneva lo scopo di recuperare la zona al confine con Grottammare attualmente occupata dai capannoni. 

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«Avevamo grandi speranze per questa zona- spiega l’assessore alla pesca Filippo Olivieri – ma la pandemia ha bloccato per ora ogni iniziativa imprenditoriale, anche se siamo convinti che anche la movida potrebbe trovare spazio in questa zona». Il Piano di comparto aveva pianificato il recupero di quell’area a nord del bacino portuale delimitata a sud da via Dandolo (la via su cui si affaccia il lato nord del mercato ittico all’ingrosso) e a nord da via Pigafetta e comprendente le vie parallele Vespucci, Polo e De Gama (circa 10mila metri quadrati). Subito dopo l’approvazione del Piano erano stati diversi i privati che avevano avuto incontri con l’ufficio tecnico del Comune per conoscere tutti i particolari del Piano e le autorizzazioni necessarie, poi però tutto si è fermato anche a causa della pandemia. 

Si tratta di un importante strumento di attuazione del Piano regolatore del Porto, approvato dopo un lungo e complesso iter partito nel 2014, che ha tra gli obiettivi quello di aprire la zona portuale alla città pur mantenendo prioritaria la destinazione a servizio delle attività di pesca.

Il Piano permette infatti di insediare tipologie di attività diverse, dando precise indicazioni sulle caratteristiche architettoniche dei tipi edilizi da ricostruire, lasciando libertà compositiva senza però compromettere il disegno finale dell’insediamento.

Ma che tipi di insediamenti sono stati previsti dal Piano di comparto? Diverse tipologie di attività: servizi turistici (locali per spettacoli, locali per intrattenimento, locali per mostre ed esposizioni) e, con un limite di 250 metri quadrati di superficie, pubblici esercizi (bar, tabaccherie, ristoranti, pizzerie, pub), servizi al cittadino (uffici bancari, servizi alla nautica, uffici pubblici e privati, uffici di rappresentanza), attività commerciali alimentari e non alimentari. In questo modo si sarebbe potuto delocalizzare anche la cosiddetta movida molesta, portandola al porto dove non ci sono insediamenti residenziali e di conseguenza avrebbe creato meno disagi ai cittadini. Ovviamente sarebbe possibile anche insediare o mantenere attività produttive di tipo artigianale, industriale e commerciale legate alla pesca. 

Il Piano inoltre fornisce poi precise indicazioni su come vanno realizzati gli edifici, ad esempio sui materiali, sui colori e sui rapporti tra vuoti e pieni, le tipologie e i materiali da usare per le coperture e i rivestimenti delle pareti. Indicazioni precise a cui dovrebbero attenersi i privati. Ed a loro è passata ora questa palla, in attesa di tempi migliori.
 

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