Alluvionati del Tronto beffati: cambiano i giudici, negati i risarcimenti

Alluvionati del Tronto beffati: cambiano i giudici, negati i risarcimenti
di Laura Ripani
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Mercoledì 29 Luglio 2020, 11:25 - Ultimo aggiornamento: 11:26

SAN BENEDETTO - Si sentono traditi ancora una volta, gli alluvionati del Tronto. Prima dal fiume che entrò nelle loro case con una violenza inaudita e ora dal Tribunale delle acque che, da alcuni mesi, sta negando i risarcimenti a tutti coloro che avevano subito gravi danni nell’aprile del 1992 e che solo per miracolo salvarono la propria vita.

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Accade infatti che il Tribunale delle acque, al quale più di un migliaio di cittadini (ci sono anche gli eredi ndr) si sono rivolti tramite diversi avvocati, ha cambiato orientamento. Fino al 2019 ha riconosciuto a oltre 100 persone, tra aziende e privati, il diritto a essere risarciti per i danni provocati dall’esondazione del corso d’acqua per il quale fu condannato, in sede penale, un solo imputato, l’ingegner Vincenzo Mattiolo che aveva autorizzato i lavori che portarono al restringimento dell’alveo e, di qui, all’esondazione.
 
Aziende e cittadini che hanno visto riconosciuti i propri diritti in base, tra l’altro, al principio che la prescrizione si doveva computare non dal momento del fatto ma da quando è stato rinviato a giudizio colui che poi è stato ritenuto responsabile. Questo, si diceva, fino al 2019. Da quest’anno, invece, tutto è cambiato. Un nuovo presidente -e diversi nuovi giudici - hanno iniziato a respingere i ricorsi lasciando esterrefatti i cittadini che si erano affannati a recuperare le carte entro il 2015 tanto che lo stesso Comune di San Benedetto era stato costretto ad assumere personale a termine pur di evadere le richieste di documentazione. «È accaduto - spiega l’avvocato Roberta Alessandrini che cura gli interessi della maggior parte dei ricorrenti - che è cambiata la composizione del tribunale e sono arrivati anche numerosi nuovi giudici. Mentre i precedenti applicavano una certa normativa che sarebbe troppo complicato spiegare nel merito e comunque diciamo così, frutto di un’interpretazione minoritaria, coloro che sono arrivati successivamente hanno optato per una linea diversa, creando però di fatto una disguguaglianza. Ecco perché è mia intenzione presentare appello e arrivare, se necessario, non solo a un pronunciamento delle Sezioni Unite della Cassazione ma addirittura, per chi lo vorrà, alla Corte di Giustizia europea proprio perché si tratta di casi tutti simili e tutti presentati davanti al medesimo tribunale. Non si possono trattare stessi casi in maniera diversa». Già. Quindi tutti coloro che in questo mese di luglio speravano di poter incassare le somme - in alcuni casi anche decine di migliaia di euro considerate le rivalutazioni dall’epoca - sono rimasti a bocca asciutta. In 700 almeno sono stati i cittadini che entro il 2015 si sono rivolti al Tribunale delle acque per vedere risarciti i danni di quella devastante esondazione. 
I precedenti
Erano stati parzialmente soddisfatti dalle leggi speciali dello Stato e della Regione che avevano stanziato poco dopo i fatti i fondi necessari al ristoro ma, dopo la vittoria di alcune aziende al tribunale speciale, si erano rivolti agli avvocati per ottenere tutta la somma così come diverse aziende. Almeno un centinaio di loro ha già incassato cifre importanti, qualcuna anche milioni di euro, e nel dicembre del 2019 i primi assegni sono arrivati anche ai primi cittadini che avevano intentato la causa.

Poi più nulla. Ma di acqua sotto i ponti - è il caso di dirlo - ne dovrà passare molta prima di mettere la parola fine a questa vicenda che sconvolse un’intera comunità.

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