Uccisi nella Rsa, fra le vittime anche la madre di un sindaco. Le accuse sull'infermiere arrestato

La Rsa di Offida
La Rsa di Offida
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Venerdì 19 Giugno 2020, 05:45
ASCOLI Non sapeva che tra le otto persone decedute e ritenute dalla Procura come vittime dell’infermiere ci fosse anche sue madre. Luigi Massa, attuale sindaco di Offida, stentava a credere a quanto appreso dagli articoli di stampa: Teresa Vagnoni, deceduta l’otto gennaio del 2017, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, sarebbe morta per una indebita somministrazione di insulina iniettata da Leopoldo Wick. 
«Sono rimasto sorpreso e ho stentato a credere a coloro che dopo aver letto il nome di mia madre nell’elenco delle vittime, mi hanno telefonato per avvertirmi - dice il primo cittadino -. Ancora oggi, nessuno di noi della famiglia ha ricevuto informazioni ufficiali da parte della magistratura, così come credo sia accaduto anche per i parenti delle altre persone deceduto. Suppongo che la riservatezza sia dettata dalle esigenza di indagine, ma fino ad ora, le uniche notizie in tal senso le ho apprese dagli organi di informazione». 

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Quando lunedì scorso con l’arresto dell’infermiere si accesero i riflettori sulla Rsa di Offida, fu lo stesso Massa a ribadire le qualità del servizio fornito da quella struttura e a ricordare che anche sua mamma era stata ospite in quella casa di riposo. «Quanto detto in quelle ore lo confermo e ne sono ancora convinto, anche dopo aver saputo che gli inquirenti indagano sulla cause della morte di mia madre - tiene a precisare il sindaco -. E non intendo in alcun modo commentare la vicenda che mi riguarda, almeno fino a quando non riceverò comunicazioni da parte della Procura». 
L’attività investigativa avrebbe consentito di scoprire la condotta di Leopolpo Wick che, sempre secondo quanto sostenuto dalla magistratura inquirente, attraverso la somministrazione massiccia di farmaci, avrebbe provocato la morte di otto ospiti della Rsa e avrebbe tentato l’omicidio di altri quattro. E dai fascicoli dell’inchiesta emerge anche che sulla sua condotta aleggiavano più di un dubbio da parte dei suoi colleghi che, come rilevato anche dalle intercettazioni ambientali e telefoniche eseguite dai carabinieri nel corso della lunga attività investigativa. 
Una diffidenza che era giustificata anche dal comportamento che l’infermiere aveva durante i turni di lavoro, stando a quanto si evince dalle testimonianze del personale sanitario in servizio presso la struttura sanitaria e che è stato ascoltato dagli uomini del nucleo investigativo dei carabinieri di Ascoli comandati dal maggiore Nicola Gismondi. 
Alcuni colleghi hanno riferito che il cinquantasettenne che da lunedì scorso è rinchiuso nel carcere di Marino del Tronto, quando era in servizio, non amava le interferenze da parte di altri infermieri nei suoi rapporti con i pazienti. Ma, soprattutto, gradiva ancor di meno - secondo l’accusa - la presenza del personale in turno con lui mentre somministrava i farmaci agli ospiti della residenza per anziani. 
La diffidenza dei colleghi è emersa anche dal tenore di alcune intercettazioni nelle quali il personale infermieristico e gli operatori socio sanitari, parlando tra loro, evidenziavano tutti loro dubbi tanto da temere che l’eventuale presenza di telecamere nascoste avrebbero potuto far emergere il suo modo di agire. 
Luigi Miozzi 
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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