ANCONA - Un altro capitolo si aggiunge nell'intricata e inconsueta vicenda legata alle 13 suore di clausura ospitate nel monastero di Pienza dopo essere state costrette a lasciare il convento marchigiano a Sant’Angelo in Pontano reso inagibile dal terremoto del 2016. Sul caso infatti starebbero indagando i carabinieri di Montepulciano e la Procura competente avrebbe acceso un faro per capire cosa ci sia dietro tutto il polverone sollevato nelle ultime settimane.
Secondo quanto rivelato dall'arcivescovo Carlo Viganò la mamma di una suora sarebbe stata ascoltata dai carabineri di Ancona il 28 febbraio: «Secondo quanto a me riportato - riferisce Viganò - le domande che le sono state rivolte nel corso di un interrogatorio serrato e traumatizzante, erano di questo tenore: Può visitare sua figlia? Ogni quanto? L’ha mai vista triste o preoccupata? Si è mai lamentata di come vive, o ha fatto delle confidenze su problemi in Monastero? Chi custodisce il telefono in Monastero? Sua figlia può mandare messaggi e usare WhatsApp, oltre a chiamare?».
Dalle Marche a Pienza, il caso delle suore di clausura finisce il Procura
Un passo indietro. Le monache sono finite nel mirino del Vaticano e della Diocesi toscana dopo avere trasformato la regola dell’ora et labora in una missione 4.0, aprendo un sito (www.monesteropienza.it) ed attivando una pagina Facebook - Monastero Maria Tempio dello Spirito Santo - con 2.500 follower dove si invita a condividere «la nostra vita quotidiana, pregando e lavorando insieme a noi, per incontrare Cristo, scoprire il Senso della tua vita e trovare il riposo dello spirito».
Nei post le foto delle stanze riservate agli ospiti, sul sito lo spazio dedicato alle donazioni. Troppo social per essere monache di clausura, tanto che la Santa Sede ha inviato sul posto un nunzio apostolico a cui è seguito il commissarimento della madre superiora suor Diletta Forti, di Ascoli e la diffida della Diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza e dell’Arcidiocesi di Siena per avere «posto in essere una serie comportamenti totalmente disallineati con la loro scelta di vita, in aperta violazione con le norme regolatrici del codice di diritto canonico e del loro ordine cui, per libera scelta, hanno prestato sincera ed incondizionata obbedienza».
Dal 22 febbraio, giorno in cui la monache - 11 marchigiane, 1 taiwanese e 1 maltese - hanno pubblicato su Facebook un documento in cui rimandano al mittente tutte le "accuse" mosse, il silenzio.
A difesa delle monache di clausura, due interventi molto accesi dell'arcivescovo Carlo Viganò, in cui si analizza anche l'ipotesi che il monastero di Piena possa servire per la realizzazione di un centro di accoglienza per profughi.
Il caso della piscina a Sant'Angelo in Pontano
Nel 2015 proprio a Sant'Angelo in Pontano le stesse suore erano finite nel mirino della Procura di Macerata per una piscina realizzata all'interno del convento su segnalazione di un cittadino che aveva comunicato al Comune il crollo di un muro di una casa del convento di via Castello e da dove si vedeva proprio l'impianto natatorio. Questione risolta nel giro di pochi mesi, dopo l'intervento dell'ufficio tecnico comunale e della Procura che aveva chiesto informazioni circa la presunta abusività della piscina: a gennaio 2016 infatti le suore comunicarono lo smantellamento della struttura. Caso chiuso, ma le polemiche andarono avanti per diverso tempo.
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