Il racconto
«Quello che abbiamo trascorso, soprattutto fino alla sentenza di primo grado, è sicuramente riduttivo e non si può quantificare, non si rende l’idea per la sofferenza patita e le ripercussioni che tutta questa vicenda possa aver avuto sulla mia famiglia. Non penso ci sia qualcuno che pagherà per tutto questo. Nell’assoluzione di secondo grado la parte civile è stata condannata al pagamento delle spese processuali, ma non di quelle che noi abbiamo dovuto sostenere per i nostri avvocati, per i tecnici, per i viaggi». La vicenda ha avuto eco nazionale, i protagonisti furono sbattuti come mostri in prima pagina. «È stato difficilissimo superare quel periodo in cui tutti (o quasi) ci davano addosso - spiega ancora Colucci -: purtroppo siamo inclini al facile giudizio e ci ergiamo a detentori della verità solamente perché i social media oggi ci danno la possibilità di dire il nostro parere. Prego tutti i giorni affinché io non cada nello stesso inganno di giudicare o peggio di essere in balia del pregiudizio». Ma ancora non si comprende perché tutto questo sia accaduto.
La vicenda
«È difficile - aggiunge l’operatore - rendere razionale questa vicenda se non vedendola dalla parte di chi non conosce appieno le difficoltà di chi opera nel sociale.
Le famiglie
«Il carico emotivo e la sofferenza derivata da questa vicenda è stata sostenuta dalle nostre famiglie - chiude Colucci - e sono grato a mia moglie per l’amore e la vicinanza che ha saputo offrirmi. E poi gli amici, la fede e la preghiera...sono stato aiutato da padre Silvano dei Sacramentini, ho confidato nei nostri avvocati, Gennaro Lettieri, Donatella Di Berardino e Francesco Voltattorni». Soprattutto Colucci dice di aver imparato «a vivere amando, senza rancori».